Lotta alla ‘ndrangheta: la Chiesa si mobilita
La chiesa calabrese si mobilita in massa contro la
‘ ndrangheta.
Dai Teologi ai sociologi,dagli operatori del volontariato ai religiosi ,rappresentati dai quattrocento delegati arrivati ieri a Falerna per due giornate di lavoro al convegno della Caritas.
Di seguito alcuni momenti importanti:
Molti sono i laici,tantissimi i giovani. Nessuno di loro pretende di presentarsi come volto pulito della regione:”Anche se non siamo delinquenti tra di noi c’è una diffusa mentalità mafiosa che degenera facilmente nella delinquenza” ha subito chiarito monsignor Vittorio Mondello,presidente della conferenza dei vescovi calabresi.Basta pensare al fatto che chiunque abbia un ruolo prova gusto a farlo pesare sugli altri,ha spiegato il prelato.
Dagli intrecci tra religiosità popolare,messaggio biblico e rituali malavitosi,monsignor Ignazio Schinella ha ricavato un’icona ben definita della realtà calabrese.
E' proprio su queste contiguità tra sacro e violento si è voluta esprimere Angela Napoli,membro della commissione parlamentare antimafia:”La chiesa ha rivolto diversi appelli noi politici-ha detto l’esponente di AN- Ora sono io a nome dei politici a rivolgere un appello a voi:
Fate sentire la vostra voce sull’uso che fanno i mafiosi della sacralità della fede.Se la chiesa parlerà chiaro anche la gente saprà come regolarsi”.Padre Mario del piano,un salesiano impegnato nella locride,ha richiamato l’attenzione sulla “ strumentalizzazione dei riti cattolici ,a cominciare dai funerali,battesimi e cresime”.
Cari mafiosi, noi non vi isoliamo.
FALERNA-Sul palco dell’Hotel Eurolido è salita solo Ilenia-“Stavolta non abbiamo composto striscioni perché bisogna saper cambiare strategia.E ora vogliamo dare un segno per cambiare le coscienze” spiega Ilenia ai delegati.Quel segno è contenuto in un messaggio che le ragazze hanno voluto rivolgere ai mafiosi.Ma non è un messaggio di condanna,il loro:”Noi non vi abbandoniamo al vostro destino,apritevi ad una vita che finalmente vi liberi dal peso che vi portate dentro”.
Il Teologo monsignor Ignazio Schinella:
Quello stesso santino di san Michele dal quale i boss si sentono protetti suona come una condanna,”perché il destino del mafioso è quello del demonio che finisce schiacciato”.A uscire vittorioso nelle sacre scritture è la vittima ,mai l’aguzzino.Bisogna evitare la logica del ”fanno tutti così”perché il cristiano è unico;contrappone l’umiltà alla ”vavusità” dell’uomo d’onore.
Il manifesto di Bregantini per la sfida dei cattolici alla mafia.
“ Chiesa ,basta con i don Abbondio in Calabria servono i fra Cristoforo.”
“Per i mafiosi un rito funebre diverso dagli altri”
Padre Giancarlo Bregantini Vescovo di Locri:
“serve dignità nella denuncia”
“Il curato di Renzo e Lucia tecnicamente non è un cattivo prete,ma è rinchiuso su se stesso vittima della paura”. E invece i cattolici devono imparare a far sentire il loro grido di denuncia “autenticamente biblico,corale e soprattutto credibile”.Porta un altro esempio il Vescovo di Locri:
“ Ricordate papa Wojtyla ad Agrigento: sappiate che a dargli quella carica,prima dell’omelia,fù l’incontro con i genitori del giovane giudice Livatino ,vittima della mafia”.E quindi per tenere alti i toni contro la malavita bisogna farsi stimolare da uno sguardo attento alle ingiustizie e farsi sostenere e legittimare da un confronto con la propria comunità che aiuti a leggere le situazioni circostanti:“ Da soli possiamo essere ingannati più facilmente : cosa ne so io se dietro quell’uomo delle istituzioni si nasconde un delinquente”.E’ un fiume in piena il prelato arrivato dal Trentino maturato nel crotonese ed ormai da diversi anni alla guida di una delle diocesi a più alta densità mafiosa.
“Sono gli ideali che rendono bello il mondo” ed in nome degli ideali è giusto indignarsi:
“Indignarsi-precisa-è diverso da arrabbiarsi:l’arrabbiatura può essere sterile,l’indignazione richiama la dignità”.
Ai giovani ,quindi ,Brigantini vuole proporre di camminare a testa alta,proprio secondo il significato del sacramento della cresima:
“Capite dunque perché i parroci non possono chiudere gli occhi sulla scelta del padrino?”