Coda,codino e ….codardo
“L’etimologia”, soleva ripetere il linguista Aldo Gabrielli, è “una parola che basta da sola a creare, in chi non fa parte degli ‘addetti ai lavori’, un istintivo gesto di ripulsa. (…) Se c’è una scienza gradevole, è proprio questa che tratta della nascita delle parole. Le parole non son nate dal nulla, e han quindi dietro di sé una ‘storia’ che spesso è un’avventura complessa e imprevedibile”. Una riprova? Subito.
Prendiamo in esame tre parole: coda, codino e codardo.
Attraverso lo studio dell’origine di questi tre vocaboli, cioè attraverso la loro etimologia, possiamo notare che, oltre all’affinità di “suono”, hanno in comune una stessa “matrice” pur avendo ben distinti significati: la coda.
Tutti conosciamo il significato di codardo, se non altro basta aprire un vocabolario e leggere: chi per viltà d’animo si mette da parte in imprese rischiose e si sottrae al suo dovere; con significato piú generico: pusillanime, vile, pauroso.
E la coda? Per trovarla “intrinseca” nel vocabolo occorre tornare indietro nel tempo e fermarsi al Medio Evo.
In quel periodo della nostra storia si usava andare a caccia con il falcone ben ammaestrato a catturare la preda. Quando l’animale stanco e “intimorito” si rifiutava di levarsi in volo e di eseguire, cosí, il suo compito, manifestava il suo “no” abbassando le penne della coda.
In questi casi il falcone veniva chiamato “codardo” (dal francese antico “couard”). Con il trascorrere del tempo lo stesso aggettivo venne applicato, per estensione, alla persona che si rifiutava di affrontare pericoli e difficoltà varie.
Da codardo è stato coniato il termine “codardía”: paura per cui uno si ritira di fronte al nemico.
Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.
Io voglio morire una sola volta.
ucceo goretti