OMICIDIO FORTUGNO I PM CHIEDONO QUATTRO ERGASTOLI

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 OMICIDIO FORTUGNO

I pm chiedono quattro ergastoli
per i mandanti e l'esecutore

Il vice presidente del consiglio regionale della Calabria fu ucciso il 16 ottobre del 2005 a Rio di Locri. I pm Colamonaci e Andrigo hanno chiesto il carcere a vita per quattro esponenti della cosca Cordì

Locri, 9 dicembre 2008 – Ergastolo per Alessandro Marciano, accusato di essere il mandante dell’omicidio di Francesco Fortugno, il vice presidente del consiglio regionale della Calabria. E’ quanto hanno chiesto i pm Marco Colamonaci e Mario Andrigo durante il processo di primo grado in corte d’Assise a Locri, presieduta da Olga Tarzia. 

I pm hanno chiesto l’ergastolo anche per Giuseppe Marciano, considerato assieme al padre il mandante dell’omicidio e autista del commando che agì a Palazzo Nieddu del Rio di Locri, il 16 ottobre del 2005. Ergastolo è stato chiesto anche per Salvatore Ritorto, ritenuto dall’accusa l’esecutore materiale dell’omicidio dell’esponente della Margherita e per Domenico Audino, accusato di concorso in omicidio. 

Le altre richieste sono 16 anni a Vincenzo Cordì, capo indiscusso dell’omonima cosca e accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, 3 anni e 7 mesi a Alessio Scali, 8 anni a ad Antonio Dessì e 12 anni a suo fratello Carmelo Dessi, tutti accusati solo di associazione a delinquere. 

In aula al momento delle richieste da parte dei due pubblici ministeri era presente anche il Procuratore capo della Dda reggina Giuseppe Pignatone. L’udienza per la requisitoria finale del processo contro i presunti mandanti ed esecutori dell’uccisione del vice presidente del consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno era stata incentrata sulla presenza a Locri della cosca Cordì, egemone nella locride e “una delle più potenti della fascia ionica reggina” secondo la direzione distrettuale di Reggio Calabria. 

La requisitoria del pm Mario Andrigo ha evidenziato la “figura dominante” di Vincenzo Cordì, nonostante detenuto da tempo, all’interno della stessa cosca. Vincenzo Cordì, ha sottolineato il pm, “si è premurato di scrivere ai due collaboratori, Domenico Novella e Bruno Piccolo, per rassicurarli dopo il loro arresto e dare indicazioni sulle persone a cui rivolgersi in caso di bisogno, all’interno delle case circondariali dove erano detenuti”. 

Tutti gli arrestati, secondo il pm, sono affiliati alla cosca e nella loro disponibilità “avevano un cospicuo numero di armi come risulta dalle intercettazioni”. Il pm ha ricordato, anche , al riguardo che Novella e Piccolo erano stati arrestati per traffico di armi il 4 novembre 2005 dalla polizia nell’ambito dell’operazione Lampo. Dopo la sospensione, per il pranzo, è stata la volta dell’altro pm Marco Colamonaci, che ha concluso la sua requisitoria. 

Dopo aver letto le richieste di condanna, il Procuratore capo Giuseppe Pignatone, ha chiesto alla corte la trasmissione dei verbali d’udienza per l’incriminazione di falsa testimonianza ed altro per: Giuseppe Ritorto, fratello di Salvatore; Patrizia Gallo, fidanzata di Salvatore Ritorto; Maria Teresa Reale, moglie di Giuseppe Marcianò; Francesca Gallo, cugina di Patrizia, Gianni Livigni e Ferdinando Lio, tutti accusati di aver sostenuto gli alibi, precostituiti degli odierni imputati, durante le fasi dibattimentale del processo. In aula sia nella mattinata che nel pomeriggio era presente anche la vedova di Francesco Fortugno, la parlamentare del Pd Maria Grazia Laganà, che ha seguito con attenzioni le fasi finali della requisitoria.