Processo Congiusta: Costa a Scarf?- Dica la verit

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Locri. Controesame del padre della fidanzata di Gianluca Congiusta,al quale il boss in aula lancia un appello


tommaso costa

Costa a scarfò:”Dica la Verità”


L'industriale antonio scarfò

Teste titubante.Dovrà ricomparire la moglie Gerolama Raso

di PINO LOMBARDO PER IL QUOTIDIANO

LOCRI – Su richiesta del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale antimafia reggina, Antonio De Bernardo, entreranno a far parte del procedimento in corso in Corte d’Assise sull'omicidio di Gianluca Congiusta, consumato a Siderno la sera del 24 maggio 2005, le ordinanze relative a due distinte operazioni condotte a dicembre.

La prima nei confronti del gruppo di narcotrafficanti foggiani guidati dal libanese Bayen Kaled che, unitamente al clan dei Costa, aveva messo in piedi un traffico di droga tra Calabria (Soveratese e Locride) e Puglia, mentre la seconda ha riguardato l’arresto di quattro persone (Antonio Cataldo, Antonio Panetta, Michele Curciarello e Antonio Martino), ritenute organizzatori ed esecutori dell’assassinio di Salvatore Cordì alias “u cinesi”, avvenuto a Siderno il 31 maggio del 2005.

Inoltre la Corte prima di dar corso all’audizione dei testi delle difese, su richiesta del pm De Bernardo e del legale di parte civile,Giuseppe Femia, ha deciso di riascoltare la signora Gerolama Raso, futura suocera di Gianluca Congiusta, sulle telefonate da lei ricevute sul cellulare nel dicembre 2003 prima dell’arrivo della famosa lettera estorsiva indicante come ispiratore Tommaso Costa, nonché Mario Congiusta, padre di Gianluca, e Pasquale Congiusta il cognato della vittima, rispettivamente su eventuali dialoghi con Antonio Scarfò e la moglie Gerolamo Raso, nonché su tutto ciò che è di loro conoscenza e che può dare indicazione intorno alla causale dell’efferato assassinio.

Dopo la rinuncia a presenziare all’udienza da parte di Tommaso Costa , perché “sto poco bene” ed aver augurato “ad Antonio Scarfò di voler dire tutta la verità”, si concludeva ieri la sofferta audizione del futuro suocero di Gianluca Congiusta iniziata il 27 novembre.

Anche ieri Scarfò nel rispondere alle domane del presidente Bruno Muscolo, dell’avvocato Maria Candida Tripodi, legale di Tommaso Costa, degli avvocati Leone Fonte e Giuseppe Femia, rispettivamente legale di Giuseppe Curciarello e delle parti civili Roberta e Alessandra Congiusta (sorelle di Gianluca) ha rispettato il cliché già sperimentato nelle udienze precedenti caratterizzato da troppi “non ricordo” e una sfilza di laconici “no”. Al legale di Costa le cui domande erano sostanzialmente finalizzate a sapere come erano le condizioni economiche delle aziende e quali fosse la natura dei “problemi” che lamentava con i suoi interlocutori, se avesse o meno subito pressioni per assumere le maestranze nelle due aziende, una a Locri e una a Siderno, da lui possedute, nonché i rapporti che aveva con Gianluca Congiusta, l’imprenditore, non senza qualche “scatto” di insofferenza (“avvocato io ho già risposto, se si continua così io getto la spugna – rispondeva ad un certo punto alle domande all'avvocato Tripodi – Io vorrei essere utile a risolvere i problemi ma andando avanti così mi sembra che non si vada da nessuna parte.”), non faceva altro che ribadire di avere avuto i medesimi problemi che in genere hanno tutte le imprese che operano nel territorio, che nessuno gli ha fatto richieste per l’assunzione di persone, che i rapporti con il futuro genero, col quale non ha mai parlato del matrimonio con la figlia Katia, erano “ottimi”, e che non ha fatto nessuna ipotesi del perché sia stato ucciso.

Un chiaro “no” e la specificazione che lui Tommaso Costa, pur “conoscendolo di fama attraverso la lettura dei giornali”, lo aveva visto solo una volta “quando è venuto da me chiedendomi, con garbo e senza arroganza, se potevo pagare gli stipendi accreditati dal fratello Pietro perché essendo in prigione ne aveva bisogno”, erano le risposte date da Scarfò alle domande rivoltegli dal presidente Muscolo dietro lo stimolo del memoriale ricevuto dalla Corte a novembre scorso e nel quale Costa affermava che l’imprenditore sapesse chi lo tartassava e che la famosa lettera estorsiva era stata organizzata con la complicità dello stesso imprenditore per smascherare il vero estorsore.

E’ stato poi l’avvocato Giuseppe Femia a portare Scarfò ad effettuare due importanti ammissioni.

La prima che lui con Gianluca Congiusta qualche volta aveva parlato dei danneggiamenti subiti ricevendo da lui  un “state tranquillo ed andate avanti col vostro lavoro”. La seconda, dopo l’uccisione di Gianluca, lui in “famiglia, parlando con mia moglie ci siamo poste delle domande, ma perché?, cosa ha fatto?, ma non siamo riusciti a darci alcuna risposta”.

Poi l’udienza veniva aggiornata al 3 febbraio.

12/01/2009 

Locri. Dopo un’attività integrativa di indagine l’annuncio di De Bernardo 

Del procedimento entra a far parte il libanese Kaled e il clan Cataldo 

di PINO LOMBARDO

 

 LOCRI – Le due operazioni condotte il 24 e il 18 dicembre dalla Dda reggina rispettivamente nei confronti del sodalizio instauratosi tra il ricostituito clan sidernese dei Costa e quello foggiano guidato dal libanese Bayan Kaled e del clan locrese dei Cataldo, entreranno a far parte del procedimento sul delitto di Gianluca Congiusta che vede alla sbarra, con l’accusa di esserne l’organizzatore, Tommaso Costa e con quella di associazione a delinquere Giuseppe Curciarello.

 

Ieri, con una mossa a sorpresa, il sostituto procuratore della direzione Distrettuale reggina, Antonio De Bernardo, annunciava alla Corte, a seguito di attività integrativa d’indagine, il deposito nel fascicolo del pm delle ordinanze inerenti le due distinte operazioni nei confronti dei due gruppi ‘ndranghetistici e che hanno portato all’arresto di dieci persone.

 

La motivazione per la quale De Bernardo comunicava l’inserimento nel fascicolo del pm delle due ordinanze era semplice. Entrambe hanno rilevanza non solo per documentare l’ipotesi del reato associativo contestato a Costa e Curciarello, ma anche come ipotesi probatoria inerente l’assassinio di Salvatore Cordì, alias “u cinesi”, avvenuto a Siderno il 31 maggio del 2005.

 

L’operazione “Vigilia” del 24 dicembre dei carabinieri di Soverato e del Nucleo provinciale di Catanzaro, col coordinamento del sostituto De Bernardo, altro non è che un'appendice dell'investigazione condotta intorno al sodalizio criminale tra il ricostituito clan Costa e quello foggiano guidato dal libanese Bayan Kaled inerente il traffico di droga che i due gruppi criminali stavano organizzando tra la Calabria (il soveratese e la Locride), e il foggiano.

 

Infatti i due calabresi arrestati nel corso di quell’operazione, Francesco Costa e Cosimo Panaia, sono riconducibili al rinascente clan sidernese dei Costa. Il primo in quanto nipote del più noto Tommaso Costa, allo stato giudicato dalla Corte d'Assise di Locri  in quanto ritenuto l’organizzatore dell'assassinio di Congiusta.

Il suo ruolo di “ambasciatore” e di “contatto” con Bayan Kaled è stato più volte evidenziato dallo stesso Tommaso Costa nelle lettere che inviava dalle carceri ove era ristretto e questo nonostante lo ritenesse una “persona non affidabile ed ancora immatura”. Mentre Cosimo Panaia è cognato di Giuseppe Curciarello, fidato braccio destro di Costa, ed anche lui processato presso la Corte d’Assise di Locri nell’ambito del procedimento inerente l’assassinio di Gianluca Congiusta. L’acquisizione dell’ordinanza inerente gli arresti di quattro persone ( Antonio Cataldo, Michele Curciarello, Antonio Martino e Antonio Panetta), avvenuti nell’ambito delle indagini inerenti l’assassinio di Salvatore Cordì, scaturirebbe dalla circostanza che l’ipotesi probatoria intorno alle “alleanze” costruite dal clan dei “Cataldo” per assassinare Cordì troverebbero fondamento in alcune lettere che si scambiavano dalle carceri Tommaso Costa e Giuseppe Cataldo, cugino di alcuni arrestati ed assassinato a Locri nel febbraio del 2005.

 Con quello scambio epistolare, avvenuto a marzo del 2004, si sarebbero create le premesse affinché i due gruppi ‘ndranghetistici, quello dei Costa e quello dei Cataldo, in caso di necessità si davano reciproco aiuto. Non a caso l’accusa nei confronti dei quattro arrestati lo scorso 18 dicembre afferma che i Cataldo per poter uccidere il loro avversario a Siderno, “in un territorio non di loro competenza”, si sarebbero “ricordati” di quell’accordo e per questo si sarebbero rivolti ai “Curciarello” trovando in Michele, desideroso di vendicare la morte del cognato Pietro Cacciamo assassinato a Siderno il 20 dicembre del 2000, e nel nipote Antonio Martino gli ideali partner per assassinare l’acerrimo nemico. 

Locri 12 gennaio 2009