Lotta alle mafie, in 150.000 per le vittime
In piazza Plebiscito magistrati amministratori e politici. Corteo a Napoli organizzato da Libera. Novecento i nomi elencati delle persone uccise

900 le persone ricordate una ad una, nome per nome, come una litania, riletti ancora fino a quando Roberto Saviano, lascia aperto l’elenco:
L’autore di ‘Gomorra’ legge anche i nomi di Anna Politkovskaja, Annalisa Durante, Franco Fortugno, Gianluca Congiusta e quelli dei sei immigrati uccisi dai Casalesi, nella strage di Castel Volturno.
La marcia della memoria delle vittime delle mafie e dell’impegno ha portato 150 mila persone in strada ieri a Napoli, secondo i dati di Libera. In piazza del Plebiscito cappellini, striscioni, bandiere della pace e girasoli.
Nel corteo anche magistrati, amministratori, politici, oltre 500 familiari delle vittime, e ancora Nando Dalla Chiesa, il figlio del generale Carlo Alberto, e per strada
anche ragazzi del Gabon, della Nigeria, del Ghana espongono uno striscione arancione che invoca la convivenza pacifica fra italiani e immigrati: «Uniti contro la camorra e il razzismo». Tra i manifesti, uno è dei lavoratori della Fiat:
«Nessuno tocchi Pomigliano».
Luigi Ciotti ha spiegato che il tema del lavoro, anche oggi, è cruciale: «La guerra alla mafia comincia dal lavoro», grida dal palco.
In piazza anche tanti studenti: 1500 scuole della Campania e oltre 30.000 ragazzi; 800 autobus da tutta Italia.I giovani espongono i loro striscioni:
«Se lo Stato non è organizzato la camorra diventa Stato»;
«Vola solo chi sa farlo»;
«Io sono un sognatore, ma non sono l’unico»;
«Il nostro paese è senza memoria, noi non dimentichiamo».
Marciano anche amministratori e politici, locali e nazionali: il sindaco Rosa Russo Iervolino si lascia prendere dall’entusiasmo: «Napoli è la città dell’anticamorra, infestata da qualche clan pericolossissimo». E tutti i Comuni sciolti della Provincia? «Sarebbe peggio se non lo fossero no?».
Il presidente della Campania Antonio Bassolino legge «lo straordinario messaggio di fiducia e di speranza» lanciato dalla città e sottolinea che «non era scontato».
Sul palco alla fine, con le vittime delle mafie, italiane e straniere, salgono magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine. Presenti anche Luigi De Magistris, Piero Grasso, Franco Roberti e il comandante dei carabinieri Gaetano Maruccia, il questore Antonino Puglisi e il prefetto Alessandro Pansa di Napoli.
Dal palco anche un appello di Don Luigi Ciotti rivolto alla stessa criminalità organizzata: «Alle mafia, alla camorra, al crimine dico:
fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena?». «Vi aspettano carcere, clandestinità, tanti morti, se avete beni ve li confischeremo tutti. Fermatevi, alla fine che vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi».
Nella foto: Mario e Alessandra Congiusta, padre e sorella di Gianluca Congiusta ucciso dalla ‘ndrangheta a Siderno
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A Napoli Saviano ricorda i “caduti” della Locride

In piazza anche Maria Grazia Laganà: “Dietro ogni nome c’è una vedova, un orfano, tante vedove, tanti orfani”
Mario Congiusta: Come si chiama una madre od un padre che hanno perso un figlio, una sorella che ha perso il fratello od un fratello che ha perso la sorella?
di MICHELE INSERRA per il Quotidiano
“Francesco Fortugno, Gianluca Congiusta – e poi la formula di rito – e di tutti gli altri di cui non siamo riusciti ancora a conoscere il nome”.
Le battute finali della manifestazione e il ricordo di due vittime di ‘ndrangheta della Locride vengono affidate a Roberto Saviano.
Ed è scoppiato un lungo applauso che ha accompagnato l’autore di Gomorra giù per la scaletta del palco, verso la scorta che lo attendeva qualche metro più in là, per portarlo nel rifugio dove vive da quando la camorra gli ha giurato vendetta.
Il papà di Gianluca, Mario, la sorella Alessandra e la mamma Donatella, si alzano all’inpiedi. Hanno il volto teso. Applaudono. Padre e figlia indossano guanti bianchi, sul palmo la scritta: “Certezza della pena”.
La vedova del vicepresidente della giunta regionale della Calabria, Maria Grazia Laganà, invece, prende parte alla manifestazione lontana dai riflettori perché costretta ad abbandonare in anticipo piazza Plebiscito. Va via, per impegni istituzionali, prima che il nome di Fortugno venga pronunciato da Saviano.
La presenza dello scrittore è rimasta riservata fino a pochi minuti prima del suo arrivo. E’ rimasto alle spalle di don Ciotti e del procuratore antimafia Piero Grasso, a guardare quella fiumara di gente che gridava no alla violenza mafiosa. Come un rosario Saviano ha snocciolato i nomi delle vittime. Si toccava ripetutamente gli occhi. Era anche lui teso ed emozionato.
Nella giornata della memoria è stato “ambasciatore” del ricordo della vittime della Locride, Franco e Gianluca, entrambi ammazzati nell’anno maledetto 2005.
“Dietro ogni nome scandito durante il corteo e dal palco c’è una vedova, un orfano, tante vedove, tanti orfani – ha sottolineato la Laganà – Una emozione sempre forte, è il ritrovarsi insieme ogni anno, il 21 di marzo. Veramente commovente. E l’impegno di tutti deve sempre mantenersi uguale, anzi, deve sempre essere maggiore contro una criminalità organizzata, si chiami mafia, camorra o ‘ndrangheta, che cerca in tutti i modi di dimostrarsi sempre più agguerrita. Il ricordo e la memoria di quanti hanno sacrificato la loro vita per un Paese più giusto, deve esserci di aiuto per spingerci sulle buone pratiche e sollecitare le Istituzioni ad intensificare le energie per una lotta incessante e diretta contro chi ha ammazzato tanti innocenti e, purtroppo, continua a farlo, al fine di perseguire illeciti”.
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nomi delle vittime calabresi
Mario Congiusta: “certezza della pena”” Dure le parole del padre di Gianluca Congiusta: “l’applicazione delle attuali norme, vanifica tutto, e mette in libertà chi dovrebbe marcire dietro le sbarre”

di GIULIA ZAMPINA
Francesco Fortugno, Gianluca Congiusta, Antonino Scopelliti, Salvatore Aversa, Lucia Precenzano. Riecheggiano in un’affollata piazza Plebiscito di Napoli i nomi delle vittime che la Calabria ha sacrificato alla mafia.
«Morti davanti alle quali – ha detto Don Luigi Ciotti dal palco – sarebbe meglio tacere per non urtare troppo il dolore delle loro famiglie».
Nel primo giorno di primavera l’associazione Libera ha deciso di commemorare le vittime di tutte le mafie, di quelle che la criminalità organizzata uccidono in maniera strutturata, scientifica. Senza preoccuparsi del vuoto che lasciano nelle famiglie. Un vuoto che Mario Congiusta, papà di Gianluca, sta tentando di colmare con una ricerca continua di giustizia.
Tira vento a Napoli, pur essendo il primo giorno di primavera e Mario Congiusta cerca di ripararsi con una sciarpa al collo, ma il freddo che sente nel cuore cerca di sconfiggerlo con un paio di guanti bianchi sui quali c’è scritto “Certezza della pena”. Perchè è questo che la famiglia Congiusta chiede, certezza della pena: «Cosa dovrei fare io quando rivedrò gli
assassini di mio figlio passeggiare per Siderno e continuare a chiedere il pizzo?
La verità – continua il papà di Giancluca – è che le forze dell’ordine in alcune parti della nostra terra sono davvero poche e quando comunque fanno il loro lavoro, arriva l’applicazione delle attuali norme che vanifica tutto, mettendo in libertà chi dovrebbe marcire dietro le sbarre».
Sguardo fermo e voce pacata, Mario Congiusta non alza la voce quando dice queste cose, ma il suo è un urlo che arriva diritto al cuore.
dell’associazione Libera in Piemonte che in maniera fiera racconta:
E’ già primo pomeriggio quando l’onda lunga della legalità comincia a disperdersi, non prima di aver tributato un applauso a quei cinquecento nomi (unico momento di contestazione quando davanti al microfono è salito il presidente della regione Campania Antonio Bassolino) delle vittime di mafia e aver rivolto un pensiero, dice don Ciotti,
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«Fermatevi, siete condannati a vita»
NAPOLI – Un abbraccio alla Calabria. Un abbraccio affidato nelle mani di Donatella, la mamma di Gianluca Congiusta che al termine della manifestazione diventa “postino” di un messaggio di riscatto e conversione per gli uomini di ‘ndrangheta.
Glielo affida lui, il parroco della rivoluzione delle coscienze.
L’urlo contro i boss di don Luigi Ciotti è l’urlo di Napoli che in occasione della giornata della memoria viene battezzata capitale dell’antimafia.“Alla mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, al crimine dico:fermatevi, ma che vita è la vostra? Ne vale la pena? Vi aspettano carcere, clandestinità,tanti morti. Se avete beni ve li confischeremo tutti, e vi porteremo tutto via quello che avete. Fermatevi, alla fine cosa vi resta? Come giustificate il male che fate agli altri? La vostra è una condanna a vita, non può essere questa la vita. Non basta pentirsi ogni tanto, bisogna convertirsi”.Piazza Plebiscito è ammutolita. Il presidente di Libera irrompe sul palco. Fa freddo, ma il sole sorride alla speranza di migliaia di gente.
Fonte: il Quotidiano
La mamma di Gianluca Congiusta
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Centomila in silenzio contro le mafie
DAL NOSTRO INVIATO A NAPOLI
« Dobbiamo arrabbiarci perché il diritto alla vita di tante persone oneste e coraggiose è stato negato. Ma è giusto anche credere che ci possa essere un cambiamento e questo non è nè stupido nè inutile».
Scandisce questi ultimi aggettivi Alessandra Clemente, guardando fissa davanti a sè. Forse cerca lo sguardo della mamma, Silvia Ruotolo, uccisa dalla camorra nel 1997 quando lei aveva dieci anni. Avrebbe davvero da arrabbiarsi Alessandra per questo insanabile dolore, ma preferisce parlare di speranza e impegnarsi per realizzarla. Lei e gli altri cinquecento familiari delle vittime di tutte le mafie che ieri hanno aperto il lungo, festoso, coloratissimo corteo che ha attraversato Napoli per la ‘Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia’, organizzata da Libera e Avviso pubblico.
Tanti, veramente tanti, forse più di centomila, da riempire la lunghissima via Caracciolo, il lungomare della città, e poi l’enorme piazza Plebiscito dove hanno parlato Alessandra e altri familiari. E dove don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, ha lanciato un duro monito ai mafiosi. «A chi vive nella violenza vorrei gridare: fermatevi! Ma che vita è la vostra, ma ne vale la pena? Vi aspettano carcere o clandestinità. Se avete dei beni prima o poi ve li porteremo via tutti. Fermatevi! Ve lo dico a nome di tutti questi familiari. Alla fine cosa vi resterà? Non basta ogni tanto ‘pentirsi’, bisogna convertirsi. La vostra è una condanna a vita. Per favore, fermatevi!, questa non può essere la vita». Sul palco, intanto, viene letto il lunghissimo elenco delle oltre novecento vittime innocenti, dall’inizio del ’900 all’ultimo sangue sparso dalla banda Setola. E a sorpresa proprio questi ultimi nomi sono letti, tra gli applausi, da Roberto Saviano. Poi don Ciotti si rivolge a tutti. «Ci si deve impegnare 365 giorni all’anno. Questi familiari ci chiedono coerenza, credibilità e continuità. Dobbiamo essere tutti corresponsabili. A cosa serve essere vivi se non si ha il coraggio di impegnarsi. Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte ma solo se la faremo anche noi. Siamo un popolo e non saranno i mafiosi ad avere il sopravvento. No alla legalità ‘sostenibile’ delle mediazioni. Non arrendiamoci, se ci impegnamo ce la faremo. Fonte: Avvenire
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