Reggio: incontro sul tema “Reato, recupero sociale e giustizia riparativa”

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Reggio: incontro sul tema "Reato, recupero sociale e giustizia riparativa"

Venerdì 15 Maggio 2009 12:27

 

 “Tutti noi abbiamo un dovere, laddove possibile riportare alla legalità e recuperare”quei soggetti che hanno commesso un reato”.

Incontro all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Reggio Calabria.

Con questo concetto, il direttore dell’UEPE di Reggio Calabria, Mario Nasone ha dato inizio all’incontro di riflessione sul tema della Giustizia Riparativa tenutosi  presso l’aula didattica dell’Ufficio Esecuzione penale Esterna di Reggio Calabria, in collaborazione con il Centro Servizi al Volontariato Dei Due Mari di Reggio Calabria .

 

L’iniziativa ha segnato un momento importante: per la prima volta nella nostra realtà regionale  si è avviata una riflessione tra gli operatori del Ministero della Giustizia, il volontariato ed una ventina di familiari delle vittime di mafia della provincia di Reggio Calabria.

 

 

 

 

L’incontro si è aperto con gli interventi del Presidente del Centro Servizi al Volontariato “ Due Mari” Luciano Squillaci che ha sottolineato l’importanza della giustizia riparativa come strumento che può permettere di realizzare una sorta di restituzione del danno arrecato alla società. Nello stesso tempo consentire a  dei soggetti in esecuzione penale di partecipare alla attività di volontariato significa di fatto offrirgli un nuovo punto di vista ed un’alternativa alla delinquenza ed all’illegalità.

L’Assistente Sociale dell’UEPE di Reggio Calabria Anna Maria Italiano, componente del gruppo lavoro che ha dato vita al progetto Giustizia Riparativa, ha presentato nel suo intervento il progetto si è soffermata sul lavoro svolto in questi ultimi dall’UEPE di Reggio Calabria ed in particolare, sul percorso seguito da 200 soggetti  ammessi alle misure alternative alla detenzione che hanno svolto servizi di volontariato presso associazioni e parrocchie nella provincia di Reggio Calabria.

L’intervento del rappresentante di “Libera” Mimmo Nasone si è rivolto principalmente alle vittime del reato presenti all’incontro invitandole a “pretendere  di ottenere la giustizia ordinaria ancor prima di quella riparativa,facendo riferimento alle lungaggini burocratiche che spesso i familiari delle vittime incontrano per vedere riconosciuti i loro diritti. Egli ha affermato inoltre che il perdono è  possibile ma solamente dopo lungo percorso interiore e personale.

Debora Cartisano, la figlia del fotografo di Bovanino sequestrato ed ucciso dalla mafia. Debora ha raccontato il suo attuale impegno sociale presso l’associazione “Libera” e come, dopo lungo percorso personale, sia riuscita a perdonare i sequestratori di suo padre.

“Il perdono- dice Debora- non si può estorcere ma è un percorso personale e lungo che si può raggiungere solamente dopo aver elaborato il lutto”.

A suo giudizio le persone possono cambiare.

La sua è stata una scelta coraggiosa quando, nell’ultimo incontro del laboratorio “Se Caino Aiuta Abele “ (percorso formativo svolto dall’UEPE presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria) ha deciso di raccontare la sua storia ai detenuti.

In quest’incontro, per la prima volta alcuni reclusi, hanno avuto la possibilità di ascoltare quali e quante sofferenze e ferite profonde provoca la cultura violenta della “‘ndrangheta”.

Tutto ciò ha avuto lo scopo di scuotere le coscienze dei detenuti che alla fine hanno donato un manufatto floreale, realizzato da loro stessi, invitandola a portarlo sulla tomba del padre.

Nel corso dell’incontro altri familiari delle vittime del reato hanno raccontato le loro esperienze.

Non solo perché per la prima volta queste persone hanno potuto confrontarsi sull’esperienze vissute ma anche è soprattutto perché hanno fatto sentire il loro dolore e quanto la loro vita è cambiata.

Rispetto alla possibilità di individuare dei percorsi riparativi  ritiene che i familiari delle vittime possano dare un loro contributo per la definizione di nuove forme di dialogo attraverso cui sollecitare nel reo una spinta al cambiamento. Su questo tema  si è aperto un dibattito nel quale i partecipanti hanno avuto modo di esprimere la loro opinione.

Secondo i familiari  di Vincenzo Grasso, imprenditore di Locri ucciso dalla ndrangheta per essersi ribellato al racket“questo discorso è comprensibile solamente per quei giovani che si trovano sulla strada della delinquenza ma non ne hanno fatto un sistema di vita. Forse per questi si può aprire uno spiraglio verso il cambiamento”.

Il figlio del Maresciallo di polizia penitenziaria Filippo Salsone, ha ricordato l’attentato in cui 23 anni fa è stato ucciso il padre ed in cui egli stesso ha riportato gravi ferite. Si ritiene fortunato per essere sopravvissuto anche se la ferita più grande la porta nel cuore.

La moglie del Maresciallo Salsone afferma “ forse perché ho lavorato nelle carceri per diversi anni  credo che questo progetto è fattibile solo per quei detenuti che hanno commesso dei reati minori.  Pertanto si può fare un discorso di riparazione del danno e di recupero sociale solamente per alcuni ma non certamente per tutti”.

Il padre di Gianluca Congiusta, altro giovane ucciso nella Locride,  aggiunge: “Mi batto per la certezza dell’espiazione della pena . La mia posizione non è una porta chiusa al progetto, ma trafficanti e mafiosi non si recuperano né si perdonano, anche se penso che si possa prendere in considerazione di poter raccontare la propria dolorosa vicenda proprio come ha fatto Debora”. Sono d’accordo per avviare un percorso di giustizia riparativa per quei ragazzi che hanno commesso un reato d’impulso e non per chi invece “lo fa per mestiere”.

La vedova Piromalli : “Ho fatto un percorso verso il  perdono grazie ad una comunità religiosa ma non so ancora chi ha ucciso mio marito. Ritengo sia difficile perdonare un assassino e non so ancora se riuscirò mai a perdonare chi ha portato via mio marito”.

Sullo stesso tenore la vedova Galluccio: “Mio marito ha visto o sentito qualcosa che non doveva ed a quel tempo avevamo un bimbo di due anni ed io ero in cinta. Non sono ancora pronta ad intraprendere un percorso di perdono ma la Giustizia Riparativa si può pensare solo per quei ragazzi minori e per quei giovani che ancora hanno la possibilità di cambiare strada”.

Per la vedova Correale è giusto proporre e realizzare progetti di giustizia riparativa”.

Stefania Grasso aggiunge: “Il percorso che oggi è stato presentato non vuole spingere al perdono ma cerca piuttosto di offrire la possibilità, a noi vittime di mafia, di incontrarci ed organizzarci per aprire un confronto. Il percorso interiore del perdono lo può fare ognuno per proprio conto, ma insieme si può fare altro come raccontare la nostra esperienza per ribadire che stiamo dall’altra parte e far sentire la nostra voce, il nostro dolore.

Oggi, tutto ciò per noi rappresenta un’occasione da sfruttare per cui ragionando su questo tema bisogna fare qualcosa insieme di concreto perché da tutto ciò che abbiamo subito può nascere qualcosa di positivo per la nostra vita e per gli altri”.

Il referente di “Libera Locride”, Francesco Riggitano, ha  parlato della sua esperienza

Personale e dei percorsi difficili ma non impossibili di uscita da situazioni devianza e illegalità citando il suo impegno sociale con i bambini appartenenti a famiglie della criminalità al fine di indirizzarli su un’altra strada e raccontare loro cosa la violenza produce.

Riprende la parola il Presidente Squillaci del CSV “Due Mari” che interviene per sottolineare quanto sia stato importante quest’incontro non solo per le vittime di mafia che hanno avuto la possibilità di ascoltare e di confrontarsi in un contesto diverso da quello che di solito avviene tra familiari negli incontri organizzati da “Libera”, ma anche per tutti i presenti: “Il mondo del volontariato ed il Ministero di Giustizia hanno sentito per la prima volta la voce delle vittime”. Per l’educatore del carcere di Reggio Calabria Emilio Campolo è importante che tutti diano un contributo affinché la pena sia realmente rieducativa ed in questa ottica ha sottolineato quanto sia stato importante per i detenuti l’incontro avuto con la Cartisano. 

Chiude l’incontro il direttore Mario Nasone affermando che “bisogna costruire insieme un percorso per avviare un cambiamento.Non bisogna cadere nel buonismo ed è giusto che chi commette un reato ed ha scelto la strada dell’illegalità debba pagare i conti con la giustizia.

Quest’incontro voleva essere un primo momento di riflessione di un percorso difficile che abbiamo voluto avviare– al quale ne seguiranno altri- sul tema della Giustizia Riparativa ma anche su quello dei diritti delle vittime. Ha comunicato che prossimamente si avvieranno a Locri ed a Reggio Calabria due Agenzie di Inclusione Sociale che saranno rivolte sia agli autori dei reati che alla vittime della criminalità con la previsione di attivare sportelli per l’assistenza e la consulenza.

Con questo primo incontro si è cercato di avviare un dialogo per  fare comprendere alle vittime di reato che da quest’esperienze traumatiche può anche nascere un impegno sociale,  evitando  di rimanere chiusi nel proprio dolore. Così come ha fatto Deborah Cartisano fare sentire la propria voce, smuovere le coscienze può contribuire affinché questi eventi dolorosi non si ripetano più.

Questo è importante sia per chi ha sbagliato, sia soprattutto per chi rischia di essere coinvolto nel giogo della mafia e della devianza. 

Da strill.it