Sullo striscione, la scritta «La parola è l’arma più potente contro le mafie». A portarlo sono i membri del «Comitato antimafia Peppino Impastato», in presidio di prima mattina fuori dal Palagiustizia, a margine dell’udienza del processo per mafia in corso alla prima sezione collegiale del tribunale ordinario, proprio per riportare all’attenzione pubblica la presenza della criminalità organizzata a Brescia.
ALL’APPUNTAMENTO hanno aderito anche Legalità e Giustizia, Libertà e Giustizia, L’ora del Garda, il Movimento non violento di Brescia e i giovani dell’Idv.
«In questo procedimento quasi tutti gli imputati, come i fratelli Fortugno, legati alla cosca di Gioia Tauro, vivevano nel Bresciano ed è qui che si consumavano i reati- ricorda il presidente del comitato, Fernando Scarlata -. Parliamo di ricettazione, sfruttamento della prostituzione, traffico di armi o estorsione: nel 2004, questi signori minacciarono i titolari dei night affinchè assumessero i loro uomini e tentarono di impossessarsi della Jolly Service per gestire le ballerine».
Insomma, un modo per entrare nei locali e poi prenderseli, sostiene Scarlata, che ribadisce come il Nord, Brescia compresa, sia terreno fertile per la mafia. «Ma siamo qui anche per esprimere solidarietà e vicinanza ai testimoni, chiamati in un processo per mafia, perchè non è facile deporre contro persone senza scrupoli», sottolinea Scarlata, che ripete: «L’importante è non cadere nel silenzio e parlare, perchè a Brescia la mafia è radicata molto più di quanto pensi la gente comune, e solo una parte del fenomeno, come in questo processo, viene punita». Mafia militare, colletti bianchi, imprenditori commerciali o edilizi: «L’auspicio è che anche a Brescia si sradichi l’aspetto sociale della criminalità organizzata andando a colpire la collusione con le istituzioni e le aziende pulite».MA.RO.