“I politici sbagliano a minimizzare”
Il procuratore reggino Gratteri: “La città deve sapere cosa sta succedendo. Una quantità enorme di esplosivo che non era certo destinata a Bologna. Un aspetto davvero inquietante”
di CARLO GULOTTA
“In Emilia-Romagna la ‘ndrangheta si è insediata almeno quindici anni fa e ha interessi forti a Reggio Emilia, Modena e Bologna. Col nostro lavoro abbiamo dimostrato che i boss di San Luca facevano arrivare decine di chili di cocaina a settimana proprio a Bologna e Modena. Ed è una presenza organizzata e particolarmente pericolosa, perché si nasconde e non mostra il suo volto violento. C’è un motivo, naturalmente: chi macina un business da 50 milioni di euro l’anno in tutto il Paese, non ha nessunissimo interesse ad attirare l’attenzione delle forze di polizia nel luogo dove fa i soldi con la cocaina e il riciclaggio di denaro sporco”. Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto a Reggio Calabria, una vita “blindata” per le minacce dei boss che lo vorrebbero morto, segue con attenzione gli sviluppi dell’indagine che ha bloccato a Bologna l’ascesa di Nicola Acri, giovane e sanguinario leader della ‘ndrina di Rossano Calabro.
Dottor Gratteri, perché tutto quell’esplosivo in un appartamentino del Comune alle porte di Bologna?
“Questo è un aspetto davvero inquietante. Mezzo chilo di plastico, per intenderci, equivale a 100 chili di tritolo. A Bologna ne sono stati trovati tre chili. Il fatto che sia stato nascosto in un posto così “invisibile” fa parte della strategia dei clan. Ma bisogna chiedersi a cosa serviva. Non credo per azioni di fuoco a Bologna. Era destinato alla Calabria. E poteva essere usato per mettere a segno un attentato”.
Nicola Acri stava allestendo una rete commerciale a Bologna mentre era latitante da tre anni: che vuol dire?
“Che a Bologna aveva appoggi sicuri, complici, persone molto fidate. La latitanza costa molto. Nessun luogo viene mai scelto a caso. Se c’è un latitante, c’è anche una rete perfettamente organizzata per coprirlo. E poi, la questione della grande distribuzione: un “classico” delle ‘ndrine, come il movimento terra e il trasporto merci. Non è la prima volta che accade a Bologna”.
Si riferisce forse al clan Bellocco? Carmelo Bellocco fu arrestato a Bologna nel luglio dell’anno passato, lavorava al mercato ortofrutticolo, era affidato ai servizi sociali e intanto stava organizzando una missione armata contro un rivale…
“Un caso da manuale: Bellocco a Bologna stava organizzando quello che noi chiamiamo un “locale di ‘ndrangheta”, e cioè un’organizzazione dedita ad attività illecite, molto strutturata, con ruoli e funzioni precise. Mettere uno come Carmelo Bellocco ai servizi sociali pensando che possa ravvedersi è un’utopia: un sistema serio e forte lo avrebbe dovuto tenere in carcere”.
Sta dicendo che il fenomeno ‘ndrangheta è sottovalutato?
“Chi ha responsabilità governative o politiche spesso tende a minimizzare il problema, per non fare allarmismo e tranquillizzare la gente. E’ una strategia sbagliata e dannosissima, la collettività deve sapere cosa succede nel territorio in cui vive. E i politici dovrebbero promuovere leggi efficaci. Il vero problema è che in questo Paese la polizia giudiziaria è numericamente agli sgoccioli, il ricambio non è garantito e in queste condizioni è davvero complicato avere un controllo capillare del territorio”.
Nel rifugio di Nicola Acri è stato trovato un ricettario medico in bianco di un ospedale pubblico di Bologna: che ne pensa?
“Che aveva bisogno di cure e che qualcuno probabilmente si era messo a sua disposizione anche all’interno di un ospedale. Non conosco il caso, ma è difficile pensare che l’abbia fatto un’infermiera di Pordenone…”.