Mafia e ‘ndrangheta spiegate ai giovani. Da Ilda Boccassini
di Marika Demaria
«L’Italia ha la migliore normativa antimafia invidiata da molti altri Paesi, specie dagli Stati Uniti». Così Ilda Boccassini, Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Milano, ha esordito davanti alle 500 persone presenti ieri, mercoledì 4, nell’aula della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi del capoluogo lombardo. Centinaia di persone che hanno accolto il pm con un lungo e accorato applauso; moltissimi i giovani presenti, affascinati dal magistrato carismatico che ha fatto della lotta alla criminalità organizzata il fulcro della propria carriera. Una professione «che ho scelto ma che, credetemi, comporta tanti, tanti sacrifici. Io ho sempre cercato di svolgerla al meglio, con professionalità e rigore, senza farmi condizionare dal senso comune della collettività, com’è giusto che accada in magistratura. Perché altrimenti si assisterebbe alla mancanza della democrazia».
Il magistrato ha posto subito l’accento sull’importanza della Direzione Distrettuale Antimafia e della Direzione Nazionale Antimafia, geniali invenzioni introdotte «per volontà di Giovanni Falcone; il nostro era un legame forte: eravamo davvero molto amici, noi» e qui la Boccassini non può evitare di ricordare quante persone si siano, a torto, vantate, dopo quel tragico 23 maggio 1992, di essere amiche del giudice ucciso nella strage di Capaci. Il suo pensiero corre anche a quella volta in cui Giovanni Falcone le chiese di accompagnarlo a Monreale, in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della morte di Emanuele Basile (ucciso da Cosa nostra il 4 maggio 1980), perché «così capisci che cos’è la mafia». Di quell’esperienza il Procuratore Aggiunto di Milano ricorda «l’atteggiamento delle persone: al passaggio delle forze dell’ordine, dello stesso Falcone, nessuno lanciava epiteti o insulti, ma c’era un disprezzo tangibile, irriverente. Lo leggevi negli occhi della gente».
Già, ma che cos’è la mafia? «Parliamo di un’organizzazione criminale unitaria con un organismo centrale ed uno periferico, in cui i mandamenti prevalgono sui vincoli di sangue; ecco perché avvengono omicidi anche tra parenti». Questo è in netta contrapposizione con la struttura della ‘ndrangheta, «per la quale i vincoli di sangue prevalgono sui mandamenti. Si verificano dunque dei matrimoni di convenienza al fine di fortificare le alleanze; ecco anche spiegato il motivo per cui, mentre all’interno della mafia vi sono molti collaboratori di giustizia, questo comportamento nella ‘ndrangheta è molto limitato. Se un appartenente ad una ‘ndrina volesse infatti collaborare con la magistratura, sarebbe costretto ad accusare dei membri della propria famiglia. La ‘ndrangheta è un unico, una struttura organica divisa in locali tipiche delle diverse aree geografiche: locride, ionica e la zona di Reggio Calabria».
Ilda Boccassini denuncia la mancanza di percezione dell’aggressione della criminalità organizzata calabra, aspetto che invece in passato era stato indicato per Cosa nostra. Emblematico il fatto che il 416 bis, che riconosce il reato di associazione di tipo mafioso, nomina la mafia e la camorra ma non la ‘ndrangheta, termine che è stato aggiunto solo nel 2010.
Un’operazione congiunta delle Procure di Milano (con la Boccassini per l’appunto in prima linea) e di Reggio Calabria (guidata da Giuseppe Pignatone) lo scorso luglio ha portato all’arresto di oltre 300 persone. Un dato consistente all’ombra della Madonnina, in un Milano in cui si nega la presenza della criminalità organizzata. «Dobbiamo sfatare il luogo comune secondo il quale questi fenomeni si sono verificati per colpa degli emigrati meridionali. Siciliani, campani, calabresi non hanno nel proprio Dna il male, anzi, la maggior parte, trasferendosi, è stata costretta a vivere e lavorare in condizioni penose. La stessa cosa la posso affermare per l’omertà: si parla sempre di sud omertoso, ma vi garantisco che anche al Nord esiste questo fenomeno. Basti pensare che gli imprenditori vittime di usura e di racket non denunciano i propri estorsori, arrivando persino a negare l’evidenza. Un comportamento che non può non essere riconosciuto come favoreggiamento aggravato».
Sul tema dell’imprenditoria il pm ha dimostrato soddisfazione per l’impegno che le associazioni locali di categoria e la Confindustria stanno impiegando nell’applicazione di codici etici che mettano al palo professionisti che, di fatto, scendono a patti con le cosche, «spazzando via in questo modo le aziende che lavorano in maniera legale e che dunque non riescono ad essere competitive con chi fa concorrenza sleale».
Una straordinaria lectio magistralis dunque quella di Ilda Boccassini, che ha erudito i presenti anche attraverso la lettura di riti di affiliazione, nei quali i neofiti giurano di “rinnegare il padre, mamma mai, fratelli e sorelle fino alla settima generazione. L’onore lo conservo con me, in un vaso di cristallo finissimo che sta dietro le mie spalle”, ad indicare quanto essi debbano stare attenti a preservarlo.
«Credo in un mondo migliore – ha concluso Ilda Boccassini dopo aver risposto ad alcune domande dei presenti in aula – nello Stato e nelle Istituzioni e sono orgogliosa e fiera di essere cittadina italiana». Chiosa migliore, per il seminario “Stategie di contrasto e repressione della mafia: gli strumenti processuali e penalistici” che si colloca nel ciclo di incontri organizzati da Libera e dalle università milanesi, non ci sarebbe potuta essere.