‘Ndrangheta, in manette dodici affiliati Procura: “Decapitata l’organizzazione”

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‘Ndrangheta, in manette dodici affiliati
Procura: “Decapitata l’organizzazione”

carabinieri del Ros hanno scoperto l’esistenza e le attività dei “locali” liguri (cellule operative distaccate della ‘ndrangheta) di Genova, Lavagna, Ventimiglia e Sarzana che operavano in Liguria sotto il coordinamento criminale del capolocale di Genova Domenico Gangemi. Il capo della Procura Vincenzo Scolastico: “Abbiamo dimostrato che la ‘ndrangheta era molto forte anche nella nostra regione”

'Ndrangheta, in manette dodici affiliati Procura: "Decapitata l'organizzazione"

 

 

 

 

 

 

 

Domenico Gangemi

Blitz contro la ‘ndrangheta in Liguria: arrestati dodici affiliati all’organizzazione criminale a Genova, Imperia e La Spezia. Il capo della Procura Vincenzo Scolastico: “Abbiamo dimostrato che la ‘ndrangheta era molto forte anche in Liguria e possiamo affermare con altrettanta forza che la ‘ndrangheta in Liguria è stata decapitata”. Sono stati infatti arrestati 3 esponenti di spicco a Genova, uno a Lavanga, quattro a Ventimiglia e infine uno a Sarzana.

Perquisiti dai carabinieri l’ufficio del consigliere Pdl regionale Alessio Saso “Tutto perché l’anno scorso incontrai Gangemi”, uomo di fiducia della ‘ndrangheta a Genova. Anche un altro politico genovese, Aldo Praticò, consigliere comunale Pdl, risulta indagato nell’ambito della stessa indagine antimafia. Per entrambi si sospetta il voto di scambio.

I carabinieri del Ros hanno scoperto l’esistenza e le attività dei “locali” liguri (cellule operative distaccate della ‘ndrangheta) di Genova, Lavagna, Ventimiglia e Sarzana che, mutuando il modello organizzativo dell’area calabrese di origine, operavano sull’intero panorama ligure sotto il coordinamento criminale del capolocale di Genova Domenico Gangemi.

Gangemi, arrestato il 13 luglio dello scorso anno,avrebbe diretto e organizzato il sodalizio assumendo le decisioni più rilevanti, comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati, dirimendo i contrasti interni ed esterni al sodalizio e curando i rapporti con le altre articolazioni dell’organizzazione.

L’indagine ribattezzata “Maglio 3”, documenta inoltre, la dipendenza dalla Camera di Controllo ligure del locale del “basso Piemonte”, recentemente colpito da una simile attività investigativa sempre condotta dal Ros, con provvedimenti eseguiti nella Provincia di Alessandria, Cuneo ed Asti.

Le proiezioni ‘ndranghetiste colpite, spiegano gli inquirenti, sono caratterizzate da tutti gli elementi tipici dell’organizzazione di riferimento:struttura verticistica, ordinata secondo una gerarchia di poteri, di funzioni e di una ripartizione dei ruoli degli associati; pratica di riti legati all’affiliazione dei membri dell’associazione ed all’assegnazione di “doti” o “cariche”; comunanza di vita e di abitudini, scandita dall’osservanza di “norme interne”.

In particolare, il ruolo del capo locale emerge in modo significativo anche in relazione ad aspetti della vita privata degli associati, come in occasione del tradimento coniugale subito da un affiliato. In tale circostanza, il capo locale prende atto di dover riferire in Calabria l’accaduto per la risoluzione della questione secondo le regole ‘ndranghetiste.

Altri elementi tipici della struttura sono la forza di coesione del gruppo che assicura omertà e solidarietà nel momento del bisogno, nonchè assistenza agli affiliati arrestati o detenuti e sussidi economici ai loro familiari; impermeabilità verso l’esterno ottenuta grazie all’adozione di linguaggi convenzionali; disponibilità di armi.

Per quanto attiene gli aspetti organizzativi e rituali, è stato confermato come l’ingresso e il conferimento di gradi all’interno dell'”onorata società” avvenisse attraverso l’attribuzione delle “doti”, espressione di potere e di prestigio in seno all’organizzazione, il cui conferimento avveniva in un aurea di “solenne” ritualità mafiosa e la cui importanza è testimoniata dalla partecipazione oltre che dei sodali affiliati al locale, di delegazioni di esponenti dei gruppi confinanti.

E’ stato inoltre scoperto che l’attività di mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, avveniva attraverso una ramificata attività usuraia praticata impiegando metodi violenti in caso di mancata riscossione dei “premi”.