Processo Congiusta-Il Colloquio- Lo sfogo contro il fratello Giuseppe e la presa di distanza dai Cataldo

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Giuseppe Costa

di ANGELA PANZERA

Due ore di colloquio. Dalle 9,09 del 5 settembre del 2014 alle 11,09. Tutto intercettato.

A volte si parla del più e del meno, ma quello che ciò che è riportato integralmente dagli agenti della polizia di Stato sono gli sfoghi di Tommaso Costa. Sfoghi contro la Dda reggina, contro il fratello Giuseppe e anche contro i Cataldo, la cosca in cui gravita, almeno secondo l’accusa. Tommaso contro Giuseppe e i Cataldo:«Fatti la galera e non rompere i coglioni che vuole fare il pentito e non sa fare il pentito….dove mi conosci a me, tu, quando mai sei stato con me, che sai tu di me; tu di me non sai nulla, zero; no appartiene alla ‘ndrangheta, ha questo…ma chi cazzo li conosce a questi Cataldo, perché dice: che nel carcere di Locri è stato affiliato alla ‘ndrangheta; ma tu, pezzo di merda vedi che mi portano un omicidio riferibile ai Cataldo..tu mi stai facendo prendere l’ergastolo pezzo di merda!”. Le dichiarazioni auto-assolutorie: «Costa Tommaso riferisce testualmente: “come ho ammazzato a Congiusta io? Quando l’ho ammazzato? Come lo ho ammazzato? Come lo ho ammazzato? …Con quale macchina sono andato?…Se io non so neanche come l’hanno sparato…o quell’altro chi..(incomprensibile)…come faccio a dirtelo io..dice: dove sei fuggito quado…l’hai sparato?”. L’ira contro il pm e le farneticazioni: « riferisce che addirittura, gli viene addebitato, perché riferito dai servizio segreti, e riportato sugli organi di stampa, di un furto avvenuto nel Tribunale di Reggio Calabria, nello specifico in danno al pm De Bernardo (circostanza smentita dagli stessi inquirenti ndr). Fa intendere che tutto ciò è una strategia per influenzare la sentenza ed in particolar modo per influenzare i giudici popolari, mettendo in giro anche il fatto di un suo pentimento, cosa che non corrisponde al vero. Cita il pubblico ministero che ha riferito che “Tommaso Costa” sta minacciando i giudici popolari; rivolgendosi al pubblico ministero testualmente dice: ”di andare a fare in culo”. Che tutto quanto ciò gliel’ha combinato ”quel pezzo di merda”; di aver preso le condanne non perché è colpevole, ma perché volevano colpirlo per indurlo a confermare tutto quello che ha dichiarato il fratello Giuseppe Costa per poi costruire dei processi. Riferisce di non sapere nulla; apostrofa qualcuno con la frase “stronzo che non sei altro”».

fonte: Il Garantista