Da delinquenti a categoria protetta?
di ucceo goretti
Leggendo i quotidiani, noto che, molti assessori alle politiche sociali si affannano a presentare progetti di reinserimento per ex detenuti, programmi a tutela degli stessi ed a Reggio Calabria, ci si preoccupa, addirittura, di aprire l’ufficio per i diritti dei detenuti.

Non credo che si possa plaudire ai soggetti istituzionali promotori di tali iniziative.
La mia preoccupazione è che da detenuti (persone che hanno commesso un reato) diventino “categoria protetta e privilegiata”.Il detenuto, scontata la pena, ha pagato il suo debito verso la società e rientra nella stessa, con tutti i diritti e doveri che aveva prima della condanna, a meno che, non si sia macchiato di reati di particolare gravità, nel qual caso, perde alcuni diritti.Fatta questa premessa, non e’ accettabile che ex detenuti “sorpassino”, su richiesta delle Istituzioni, gli altri cittadini italiani che non si sono macchiati di alcun reato, anche perché “gli altri” potrebbero essere indotti a delinquere, per ottenere un posto di lavoro.Nel momento in cui un assessore alle politiche sociali, avvia al lavoro un ex detenuto, in base ad un progetto da lui presentato,non lede i diritti degli altri cittadini che da anni aspettano un avviamento al lavoro?Per quanto mi riguarda ritengo di sì, anche se il mio pensiero, come ama dire, Roberto Galullo per il suo ,potrebbe valere quanto il due di coppe quando regna bastoni. Vediamo cosa succede a Reggio Calabria, analizzando quanto riportato su Calabria Ora, in edicola giovedì 30 ottobre.
Presentato all’interno dell’istituto penitenziario l’ufficio per i diritti dei detenuti
Il Paese ha bisogno di una incertezza della pena se per pena s’intende la quantità.La risocializzazione passa per una serie di chance da dare al detenuto».
Tuona così il garante dei diritti delle persone private della libertà personale, Giuseppe Tuccio. In occasione di una nuova tappa nel progetto avviato già nel 2006 con la delibera che statuì il regolamento per l’istituzione di questa figura.
“Rendere concretamente esigibili tutti i diritti dei detenuti che siano compatibili con lo status della detenzione”.
Questa la prospettiva e la funzione ribadita dal garante Tuccio nominato ad ottobre dello stesso anno. Da ieri è ufficiale la presenza all’interno dell’istituto penitenziario, dell’ufficio del garante dei detenuti. «L’obiettivo massimo – ha spiega il presidente Tuccio – è realizzare una governace sul territorio di tutte le problematiche penitenziarie”.
Lo scopo, infatti, più volte ribadito è il “reinserimento in termini più corretti”.
È la trasformazione psicologica che il detenuto deve attuare dopo il processo “momento celebrativo in cui si riconosce la responsabilità del fatto” l’oggetto della questione.
La figura del garante si appoggia all’assessorato alle politiche sociali ma con la nuova sede vuole prevedere“una possibilità di contatto permanente e quotidiano con le problematiche dei detenuti”.
Il garante svolge il ruolo di “pilota” senza interferire nelle competenze specifiche del magistrato di sorveglianza, dell’assessore alle politiche sociali, del volontariato dell’apparato penitenziario.«Non raccogliamo i reclami dei detenuti- chiarisce però il garante – non ci sovrapponiamo alle competenze del magistrato di sorveglianza e l’istituzione penitenziaria.Abbiamo però ricevuto parecchie iniziative di singoli detenuti che denunciano affetti lontani, che denunciano cioè, problematiche di territorializzazione della pena o di sicurezza».
Solidarietà e sicurezza sono difficili da armonizzare in base all’analisi del presidente Tuccio.
«Il detenuto non appartenentealla mafia nel momento in cui entra in carcere per prassi è necessariamente è cooptato: – prosegue il garante – gli vieneinfatti assicurata la sicurezza della famiglia che sta fuori o altro tipo di assistenza».
È qui che va ad inserirsi l’importanza di questa figura, definita dal presidente Tuccio quale “figura internazionale”.
«L’apertura di questo ufficio – ha spiegato il direttore della casa circondariale reggina Carmela Longo – è il riconoscimentoall’opera fondamentale svolta dal garante e il rafforzamento di una collaborazione con l’amministrazione comunale che tra le prime in Italia ha voluto l’istituzione di questa figura. Non solo un ufficio ma una base logistica all’interno dell’istituto penitenziario che da solo non può far fronte alle necessità della popolazione dei detenuti».
«È una figura illuminata che da occhio terzo spesso, riesce a trovare le giuste soluzioni all’individuo» conclude il direttore.
«L’ufficio del garante nonostante le difficoltà dovute alla mancanza, allo stato attuale di una legge di riferimento alla figura del garante, ha portatoavanti delle importanti iniziative che noi come amministrazione abbiamo sostenuto» ha precisato l’assessore Tilde Minasi.
«In carcere esiste un prima, un durante ed un dopo.– chiarisce – Se non si ha attenzione a tutte queste fasi il dopo non può essere certamente positivo. Senza un’attività di accompagnamento facilmente tornerà a delinquere».
E proprio per questo le attività che sono state avviate prevedono «una agenzia di inclusione sociale per creare contatti con le imprese affinchè il detenuto possa avere una possibilità di inserimento lavorativo; è prevista poi, anche la realizzazione di una struttura che agevoli le famiglie in visita ai detenuti».
LUISA BELLISSIMO
Ho grossettato (se non è un termine corretto mi prendo una licenza gorettiana) alcune dichiarazioni fatte dal garante Giuseppe Tuccio, dall’assessore Tilde Minasi e dal direttore della casa circondariale Carmela Longo, per porle come domande e provare a dare delle risposte. Il tutto, senza voler polemizzare con alcuno e nel totale rispetto del pensiero altrui.
Il Paese ha bisogno di una incertezza della pena se per pena s’intende la quantità.
R:
Il Paese ha bisogno della certezza della pena, senza la quale non si combatte né la microcriminalità e tantomeno la ‘ndrangheta.
“Rendere concretamente esigibili tutti i diritti dei detenuti che siano compatibili con lo status della detenzione”.
R:
Esigere, credo voglia dire “richiedere cosa che ci è dovuta al soggetto che ce la deve”.
Sinceramente non capisco chi deve e cosa deve e, se qualcuno deve, bisogna che sia condannato a dare.
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Lo scopo, infatti, più volte ribadito è il “reinserimento in termini più corretti”.
Se qualcuno ha reinserito in termini non corretti, lo stesso, va perseguito a termini di legge.
Il garante svolge il ruolo di “pilota” senza interferire nelle competenze specifiche del magistrato di sorveglianza, dell’assessore alle politiche sociali, del volontariato dell’apparato penitenziario.«Non raccogliamo i reclami dei detenuti- chiarisce però il garante – non ci sovrapponiamo alle competenze del magistrato disorveglianza e l’istituzione penitenziaria.Abbiamo però ricevuto parecchie iniziative di singoli detenuti che denunciano affetti lontani e problematiche di territorializzazione della pena o di sicurezza».
Se pilotare vuol significare “fare da guida, condurre” verrebbe da chiedermi Chi si conduce?Se il Garante non interferisce con il lavoro del Magistrato di sorveglianza, dell’assessore alle politiche sociali e del volontariato gli unici che rimangono da guidare sono i detenuti? E per portarli dove?
Poi il garante chiarisce “Non raccogliamo i reclami dei detenuti” e subito dopo dichiara:
Abbiamo però ricevuto parecchie iniziative di singoli detenuti che denunciano affetti lontani, che denunciano cioè, problematiche di territorializzazione della pena o di sicurezza».
Ma se non ha raccolto come ha potuto ricevere e da chi?
«Il detenuto non appartenentealla mafia nel momento in cui entra in carcere per prassi è necessariamente cooptato: – prosegue il garante – gli viene infatti, assicurata la sicurezza della famiglia che sta fuori o altro tipo di assistenza».
Ma vogliamo scherzare Sig. garante?
Lei, ha contezza o ha mai letto che tutti i seminaristi diventano Sacerdoti ?
Io sinceramente no.
«L’ufficio del garante nonostante le difficoltà dovute alla mancanza, allo stato attuale di una legge di riferimento alla figura del garante, ha portato avanti delle importanti iniziative che noi come amministrazione abbiamo sostenuto» ha precisato l’assessore Tilde Minasi.
Ma se non esiste una legge di riferimento alla figura del garante in base a cosa si istituisce la figura?
Quali sono le iniziative portate avanti e sostenute?
Ci è dato sapere quanto sono costate?
E proprio per questo le attività che sono state avviate prevedono «una agenzia di inclusione sociale per creare contatti con le imprese affinché il detenuto possa avere una possibilità di inserimento lavorativo; è prevista poi, anche la realizzazione di una struttura che agevoli le famiglie in visita ai detenuti».
Su questo argomento sento il bisogno di fare due proposte, la prima al Ministro della Giustizia o al Ministro alle Infrastrutture, non so di chi è la competenza:
Presentare con urgenza un decreto legge, che preveda, la costruzione di una villetta accanto ad ogni carcere, al fine di agevolare le famiglie in visita ai detenuti, all’interno della quale, possano trovare giusto riposo e ristoro.
La seconda proposta va a tutti gli assessori alle politiche sociali, di ogni Comune della Calabria, che hanno a cuore il reinserimento degli ex detenuti:
ADOTTATENE ALMENO UNO A TESTA, NON VI E’ MIGLIORE PRE-INSERIMENTO CHE PORTARLI IN FAMIGLIA E FARGLI SENTIRE QUEL CALORE CHE IN CARCERE NON HANNO AVUTO!!!
ucceo goretti
Mi sono appena ricordato di una frase che, forse, riportò Erasmo da Rotterdam in “Elogio della Follia”, e dove di follia, ne elogiò pure la mia:
