Sono state depositate dai magistrati locresi le motivazioni delle condanne in primo grado per il delitto Fortugno: di Alessandro e Giuseppe Marcianò (padre e figlio, i cosiddetti “mandantini” del delitto di Palazzo Nieddu), Salvatore Ritorto (esecutore materiale) e Domenico Audino all’ergastolo, di Vincenzo Cordì a 12 anni e di Carmelo Dessì a 4 anni di reclusione.
Le motivazioni della sentenza sono racchiuse in 1.116 pagine: in sostanza, i giudici della Corte d’assise della città jonica ribadiscono che all’origine del delitto ci fu la mancata elezione a consigliere regionale di Mimmo Crea (primo dei non eletti nel 2005 finì poi in carcere, dove si trova tuttora recluso, per “Onorata Sanità”: non fu invece mai coinvolto nel processo Fortugno).
E i due Marcianò, ritenuti collettori di voti (ma che da quella prova elettorale uscirono malconci…), presero assai male l’esito delle urne.
Il fatto di sangue sarebbe stato pertanto perpetrato <in esecuzione di un programma predeterminato al fine dell’eliminazione dello “scomodo personaggio”, così individuato da subito dal Marcianò e dai soggetti che lo stesso supportava o unitamente ai quali destinava la sua attività elettorale>.
Per la Corte d’assise di Locri, del tutto affidabili le rivelazioni dei pentiti, in particolare di Bruno Piccolo, vera architrave delle ipotesi accusatorie, che poi si suicidò mentre si trovava lontano dalla Calabria, sottoposto al programma di protezione in virtù della sua collaborazione con la Giustizia.
Martedì 04 agosto 2009 ore 14:24