SCORIE ETICHE E INDUSTRIALI – Intervento del Senatore De Sena

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SCORIE ETICHE E INDUSTRIALI
Intervento del Senatore De Sena al Senato della Repubblica, sulla mozione PD relativa ai fondi FAS

La questione meridionale, vecchia o nuova, trova oggi,anche, materiale e geografica collocazione:

essa giace sui fondali di Cetraro ed è meticolosamente suddivisa in fusti di scorie nocive; giace nei campi di Castrovillari e della Sibaritide nella forma di migliaia di tonnellate di ferriti di zinco, mescolate alla terra sulla quale magari si semina e si fa maturare il prodotto “biologico” delle nostre tavole ed infine a Crotone dove ha operato l’ex Pertusola.

 

Sono soltanto gli ultimi esempi di una serie infinita di attacchi da remoto all’eco-sistema, alla serena convivenza delle popolazioni meridionali, allo sviluppo socio-economico di una terra che, in sé, non è certo priva di opportunità per l’agricoltura, per il turismo, (storici punti di forza del mezzogiorno), per l’industria, per il commercio e per la sua storia di civiltà e cultura. Il Sud non è privo di risorse di per sé, va detto, ma ogni volta deve ripartire da zero, deve ricostruire dalle fondamenta.
Questi episodi mi offrono l’occasione, Sig. Presidente ed On.li Colleghi, per un rapido esame dello stato della legalità nel nostro Paese, di quella cultura della legalità che permea tutta la mozione presentata dal Partito Democratico.
Il nostro mezzogiorno non è neppure privo di strumenti per il sostegno allo sviluppo, tra i quali l’ingente flusso di fondi strutturali comunitari che il Quadro strategico nazionale indirizza verso le regioni dell’obiettivo convergenza, ma lo sforzo – per quanto ponderoso – rischia di perdersi in mille rivoli, asserviti al particolarismo ed ai bisogni localistici.
E’ evidente che anche l’azione pubblica, l’impegno delle energie positive del Mezzogiorno non impediscono la devastazione dell’ambiente, il saccheggio delle risorse, l’appropriazione esclusiva ed escludente di beni universali come l’acqua del mare e le acque dolci terrestri, come l’aria e come la terra. Non impedisce il prodursi di un danno oltraggioso di dimensioni difficili da prevedere al momento.
Un danno prodotto dal desiderio ingiusto di pochi di arricchirsi alle spalle e sulle spalle dei molti che cercano una convivenza pacifica ed ordinata.
Perché? Cosa manca per raggiungere un punto di corretto equilibrio tra il legittimo interesse individuale ed il benessere collettivo? Qual è il tassello che serve a completare un quadro di relazioni rispettose dei principi universali prima che delle leggi e dei regolamenti?
E’ qui che gli strumenti di intervento, non dotati di un’anima, potremmo dire, o meglio di una coscienza rispettosa dell’agire etico mostrano i loro limiti. L’idea che il contemperamento degli interessi particolari possa derivare in prevalenza dall’incremento incondizionato dei mezzi di produzione e quindi di arricchimento, pare mostrare i suoi limiti, come la recente crisi finanziaria globale ci insegna.
L’accentuazione delle capacità prestazionali a discapito di una visione valoriale che ponga l’uomo al centro del mondo genera tensioni competitive malsane in virtù delle quali qualunque fine, purché di arricchimento, giustifica qualunque mezzo per raggiungerlo.
Così nascono le scorie dell’era moderna. Scorie etiche prima che industriali.
Ancora una volta, lo si vede dal dibattito generale, è il Sud sul banco degli imputati. Ancora una volta si confonde il cinismo predatorio delle organizzazioni criminali – ‘ndrangheta in primis – con la rassegnazione di genti fiaccate da decenni di malaffare, inefficienza della pubblica amministrazione, assenza di risposte concrete da parte della classe politica. Tutta la classe politica. Ancora una volta si afferma il principio che al Sud c’è un problema del Sud e non dell’intero Paese.
Questo è sbagliato. E’ sbagliato in genere, poiché l’unitarietà geografica e politica implica un impegno a tutto campo di qualunque forma di Stato, sia esso federalista o meno, ma è soprattutto sbagliato nella specie poiché la colpa dell’ennesimo stupro della terra meridionale ricade anche sulle spalle di chi, grazie all’intervento illecito di banditi senza scrupoli, lo ha originato.
Da dove vengono infatti queste scorie? Chi ha alimentato questo oscuro ed esteso, a quanto pare, traffico di nocività? Chi può invocare ad esimente la mancata conoscenza delle qualità e delle quantità dei veleni riversati nel mare di Calabria e chissà dove altro?
Domande pesanti, alle quali si spera che gli inquirenti diano una risposta. Ma se anche essa arriverà non sarà certo compito degli inquirenti ricostruire la trama e l’ordito di una relazione corretta tra il Nord ed il Sud del Paese.
Questa mozione, nell’individuare il contesto nel quale ha potuto crearsi il problema, non intende accentuare le divaricazioni esistenti tra Nord e Sud per mezzo di una naturale – quanto scontata, però – chiamata in correità del mondo produttivo. Si sa: chi produce, trasforma, distribuisce, tende ad ottimizzare i propri cicli di lavorazione e di scarto, mira alla realizzazione del massimo profitto con il minimo sforzo. E’ l’economia moderna.
Tuttavia, un Paese che accetti – secondo stime prudenti – che una consistente percentuale annua di milioni di tonnellate di scorie più o meno nocive derivanti da processi di lavorazione industriale sia smaltita con patti scellerati deve fare molta strada in termini di solidità dell’impianto etico, giuridico ed amministrativo.
Esistono, con evidenza, dei vuoti di tipo amministrativo, mancano le sensibilità nella politica e nell’amministrazione, evidentemente, fatta eccezione per alcuni, nobili casi. Si corre ai ripari solo in presenza del danno una volta scoperto. Ma il vuoto vero da colmare è, in primis, nell’agire morale.
Un agire consapevole e rispettoso dei doveri che ciascuno di noi ha verso la collettività, un agire impostato sulla limitazione del guadagno individuale, aziendale sfrenato, un agire che consideri anche la finitezza delle risorse naturali e pensi alle necessità di sostentamento e prosperità delle generazioni future.
Ecco perché è necessario un progetto, non articolato sui tempi della politica, ovvero del brevissimo periodo, ma su di un tempo in grado di invertire la rotta, valorizzare le risorse, investire sul futuro attraverso i giovani.
Ogni volta, quando episodi gravissimi come quello di Cetraro vengono alla luce, il coro dei mea culpa si affievolisce nel giro di qualche mese ed ogni volta si perde l’occasione per l’innesco di un movimento di popolo, dell’intero popolo italiano affinché l’errore, il danno, la tragedia possano diventare – quasi per paradosso – il terreno fertile per la coltura (direi piuttosto “cultura”) della responsabilità dell’agire morale e poi del rispetto delle regole.
Questa mozione, proveniente da una forza politica che dei diritti e del benessere di tutti fa programma, non intende allora stigmatizzare le malefatte di un settore industriale, verosimilmente non meridionale, privo di scrupoli, negoziate con un Sud criminale recettore universale di ogni opportunità di arricchimento parassitico ed illecito.
Così il problema non si risolve, anzi si accentua indefinitamente, con il solo risultato di mantenere l’equilibrio insano della divisione a tutto vantaggio di quelle stesse componenti del Nord e del Sud che non perdono occasione per trarre profitto ingiusto dalle maglie di un sistema democratico e degli strumenti che esso offre.
Più che di una mozione, in questo senso, si può parlare di una proposta, basata sulla presa d’atto ultimativa che la straparlata questione meridionale è ormai questione nazionale ed europea e che le possibili soluzioni ad essa non possono che venire dall’intero Paese, unito attorno ad una cultura dell’agire morale, consapevole e responsabile, ancor prima dell’altrettanto straparlata cultura della legalità.
Il Partito democratico chiede questo. Lo chiede a sé stesso, alle forze politiche di maggioranza nell’esercizio attuale della funzione di governo, lo chiede ai governi regionali, lo chiede agli amministratori locali, lo chiede alla classe politica nel suo insieme, affinché l’impegno diventi unanime, non particolaristico e non effimero, destinato cioè a spegnersi una volta che il calor bianco delle varie polemiche contingenti si sia attenuato.
Mai come adesso il tema dello sviluppo del mezzogiorno si lega indissolubilmente ad alcuni nodi – chiave per il futuro del nostro Paese sulla scena globale.
Primo tra essi, il dissolvimento dei neo-particolarismi, del dualismo Nord-Sud in un unico movimento virtuoso nazionale, fondato sulla coscienza dell’agire etico e su questo presupposto praticare la legalità, cui sovente si fa appello in modo vagamente sterile e ripetitivo. E’ il progetto cui si è fatto cenno: un quadro di iniziative coordinate, temporalmente definite con al centro l’interesse verso il futuro prima che verso il presente.
In secondo luogo, impedire che la dicotomia tra un Nord produttivo ed un Sud sicuramente capace di recuperare il proprio ritardo ma intriso della sub-cultura dell’illegalità possa fornire alibi di comodo a tutti coloro che desiderano che “tutto cambi affinché nulla cambi”, ad iniziare dalla classe politica ed amministrativa di questo Paese. Una vera e propria inversione dei poli della dialettica politica, cercando di tornare all’alto di una politica di programma piuttosto che permanere al basso di una politica di minutaglie.
In terzo luogo, rompere l’assedio ideologico delle menti dei cittadini che vedono comunque nello status quo una modalità accettabile, pur se non gradevole, per realizzare la convivenza nei territori di residenza. Per questo è necessario investire sulle nuove generazioni in termini di fiducia, responsabilità dell’agire, rispetto degli altri. Così l’arricchimento si trasforma in sviluppo degno di un Paese democratico.
Per questo è nelle scuole e nelle università che una nuova, futura Cetraro si previene e si costruisce quotidianamente il nuovo mezzogiorno per un nuovo Paese. Nel Nord e nel Sud, un impianto formativo unito in una missione condivisa, articolata sugli stessi valori che i Padri fondatori della nostra Repubblica hanno immesso nella Costituzione.
In quarto luogo, partendo dal rispetto dell’altro, consolidare nei giovani la coscienza del rispetto dell’ambiente naturale e della vivibilità del contesto globale come teatro del confronto, del dialogo e del dibattito politico-sociale-culturale nel prioritario interesse collettivo.
Ed infine, Signor Presidente ed On.li Colleghi, ritengo che i recenti accadimenti calabresi sono un oltraggio non solo all’ambiente naturale ma soprattutto all’ambiente “globale” del sistema paese , e non soltanto meridionale , nel quale insiste una inquietante fascia grigia di connivenze, di contiguità con il momento mafioso – affaristico sul quale la politica, l’alta politica di questo Parlamento deve intervenire con estrema decisione ed altrettanta lungimiranza per snellirne sistemicamente la portata fino ad annullarla.


Sen. Luigi De Sena