L’amaro sfogo di Roberta Congiusta

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La sorella di Gianluca in aula attacca i parenti della fidanzata del fratello assassinato nel 2005

L’amaro sfogo di Roberta Congiusta

«La famiglia Scarfò in questo processo avrebbe dovuto essere al nostro fianco»

di PASQUALE VIOLI

LOCRI –“La famiglia Scarfò in questo processo sarebbe dovuta essere al nostro fianco, seduta in aula con noi, perché davanti a questa Corte si sta chiedendo giustizia anche per loro, e invece qui non c’è nessuno, sembra che alla famiglia Scarfò di sapere perché è morto Gianluca non importi nulla”.
E’ lo sfogo amaro di Roberta Congiusta, sorella di Gianluca, l’imprenditore ucciso a Siderno il 24 maggio del 2005 e che è stata la testimone chiave dell’udienza di ieri nel processo che vede imputato per omicidio Tommaso Costa.Il richiamo ai suoceri della vittima è chiaro, il suo è quasi un appello, perché Antonio Scarfò e la signora Girolama Raso, secondo la teste, non hanno detto tutta la verità.

E neppure Katia Scarfò, la fidanzata della vittima, a parere di Roberta Congiusta, avrebbe detto tutto ciò che era a sua conoscenza.

Sullo sfondo della vicenda c’è anche la difficile situazione proprio della famiglia Scarfò, oggetto di pressioni e intimidazioni per le quali si sarebbero rivolti a Gianluca Congiusta per cercare di risolvere i loro problemi. “L’estate dopo l’omicidio – ha raccontato Roberta Congiusta – Katia venne in negozio e scoppiò in lacrime dicendo che l’unica cosa che sapeva era che il padre in cassaforte aveva una lettera, e poi non sapeva niente altro”. La lettera a cui si riferiva Katia Scarfò è quella ricevuta dal padre, una missiva intimidatoria che poi sarebbe stata consegnata a Gianluca Congiusta che si sarebbe offerto di aiutare i suoceri.

Ma oggi, è quello che lamenta la sorella della vittima, i suoceri di Gianluca sono spariti, si sono defilati senza interessarsi dell’andamento del processo.

In aula la ragazza ha cercato anche di ricostruire i rapporti tra il fratello e alcune sue frequentazioni, come il consigliere regionale Cosimo Cherubino e Carmelo Muià, un giovane imprenditore legato a Congiusta da alcuni investimenti comuni.
Cosimo Cherubino dello Sdi, dopo l’omicidio, si allontanò dalla famiglia Congiusta, lo stesso non si può dire di Muià, che ha continuato a rimanere vicino ai familiari della vittima.
Roberta Congiusta ha ricordato anche quelle che sono state le sue preoccupazioni nel vedere il fratello in uno stato di turbamento:
“Gianluca era solito accompagnarmi al lavoro – ha detto in aula la sorella della vittima – ma nelle settimane precedenti al delitto non voleva più che nessun familiare salisse in auto con lui, e smise anche di accompagnarmi a Gioiosa. Era visibilmente teso, ma diceva sempre che si sentiva solo stanco”.
Ma è ancora sul ruolo dei suoceri di Gianluca che ha insistito la teste: “dopo l’omicidio – ha riferito Roberta Congiusta – la signora Raso ha messo in atto un vero e proprio depistaggio sulle ipotesi del delitto, approfittando della confusione della nostra famiglia, ha cercato di spostare l’attenzione dalle intimidazioni da loro subite, e riferite a mio fratello, alla presenza di fantomatiche donne e altre paradossali circostanze.
Ma la verità ce l’avevamo sotto gli occhi”.
Dopo la deposizione di Roberta Congiusta sembra ormai inevitabile in aula un confronto faccia a faccia tra lei e Katia Scarfò, la fidanzata di Gianluca.

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