Processo Congiusta-Tutto ruoterebbe intorno alla figura di Tommaso Costa

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Congiusta-Simari, un filo tra due delitti

Tutto ruoterebbe intorno alla figura dell’imputato Tommaso Costa

 

Nella foto il P.M. Antonio De Bernardo

Rocco Muscari

Locri

L’operazione “Mistero” entra nel processo per l’omicidio di Gianluca Congiusta. Lo ha disposto la Corte d’assise di Locri accogliendo la richiesta del pm Antonio De Bernardo. L’operazione, scattata all’alba del 18 marzo scorso, si basa sul presupposto che ad uccidere Pasquale Simari, il 26 luglio 2005 a Gioiosa Jonica, sia stato Tommaso Costa, imputato nel processo Congiusta dove è ritenuto il presunto organizzatore ed autore materiale del delitto commesso a Siderno a fine maggio dello stesso anno.

 

Gli inquirenti, attraverso una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche, hanno evidenziato che l’omicidio Simari rientra nel più vasto scontro tra opposti clan della ‘ndrangheta locridea, federati tra loro. Dall’assunto della presenza di un’alleanza tra gruppi mafiosi, operanti nel territorio, il pm De Bernardo ha chiesto l’acquisizione della misura cautelare per dimostrare il fatto storico dei rapporti tra i clan Costa-Curciarello e gli Ursino di Gioiosa Jonica. In ordine a tali rapporti, la pubblica accusa ha evidenziato la necessità di procedere a un’integrazione probatoria complementare per fornire un ampio spettro relativo all’anno 2005, arco temporale che ha tristemente segnato la Locride con numerosi omicidi, in parte collegati tra di loro dalle recenti inchieste portate a termine sotto il coordinamento della Procura distrettuale di Reggio Calabria, come nel caso degli omicidi di Salvatore Cordì e di Simari.

In merito all’operazione Mistero, sempre su richiesta del pm, la Corte d’assise (presidente Bruno Muscolo, a latere Piercarlo Frabotta), ha disposto l’esame del capitano Giglio, comandante della compagnia dei carabinieri di Roccella Jonica, e di due sottoufficiali dell’Arma che hanno preso parte alle indagini. Alla richiesta dell’accusa si sono opposti i difensori di Tommaso Costa e di Giuseppe Curciarello, imputato nel processo con la sola accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il legale di Costa, avvocato Maria Tripodi, ha sostenuto che l’intenzione di far entrare nel processo in corso una nuova istruzione probatoria è «quantomeno suggestiva». Dello stesso parere l’avvocato Leone Fonte, nell’interesse di Curciarello, che ha sottolineato la mancanza di connessione diretta tra i due procedimenti, in particolare rispetto l’operazione Mistero ancora in fase preliminare e dall’esito incerto.

La Corte d’assise ha inoltre respinto due richieste formulate da Tommaso Costa, e ribadite in udienza dal proprio legale. La prima relativa a verificare se nello spaccio della casa circondariale di Palmi, dove l’imputato era detenuto nel 2003, fossero in vendita buste uguali a quella contenente la missiva estorsiva inviata ad Antonio Scarfò, futuro suocero di Congiusta. La seconda a procedere a una perizia calligrafica comparativa tra le lettere scritte da Costa e quella inviata a Scarfò.

In chiusura d’udienza gli avvocati Tripodi e Fonte hanno chiesto il sequestro del computer in uso a Gianluca Congiusta e la nomina di un perito della Corte per accertare la presenza di atti o documenti, anche inviati in formato di posta elettronica, conducenti a possibili conoscenze della vittima rispetto ai problemi economici delle aziende del futuro suocero. La richiesta è giunta dopo che la Corte ha ammesso la testimonianza di Romano Valvassori in merito alle dichiarazioni rese in esame da Roberta Congiusta, sorella della vittima, la quale ha riferito di una e-mail inviata dal fratello al cugino nella quale si evidenziavano le difficoltà economiche di Antonio Scarfò. Sulla richiesta dei difensori la Corte si è riservata la decisione ala prossima udienza, prevista per il 24 maggio. Giorno in cui ricorre il quinto anniversario dell’omicidio del giovane commerciante