IN CARCERE L’AMICO DEI COSTA
Dalle indagini emergono i collegamenti tra il gruppo di Soverato e la cosca di Siderno
Da sinistra Vittorio Sia, Bayan Khaled, Tommaso Costa, Maurizio Tripodi
Di Michele Inserra dal Quotidiano della Calabria
SIDERNO – L’imprenditore Maurizio Tripodi, 51 anni, “amico” dei Costa di Siderno, è stato arrestato dai carabinieri di Soverato con Rosario Salvatore Fraietta, artigiano di 46 anni, originario di Guardavalle. I due sono accusati, per fatti commessi a cavallo degli anni 2003 e 2004 insieme ad altri 60 indagati, di associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e estorsione.
Secondo gli investigatori Tripodi faceva parte dell’allora nascente locale di ‘ndrangheta di Soverato, alleato con il clan Costa di Siderno e del gruppo delinquenziale facente capo a Bayan Khaled, per i quali la magistratura reggina aveva emesso sette ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite dai carabinieri di Soverato nel dicembre del 2008 e nel febbraio del 2009. Fraietta, invece, è accusato di essere parte attiva del locale di Guardavalle. L’indagine nasce da un approfondimento dell’inchiesta Mithos finalizzato a delineare i gruppi criminali operanti a Soverato e nei centri limitrofi rilevando dei collegamenti tra il gruppo Sia-Tripodi a quello dei Vallelunga di Serra San Bruno. In particolare a Tripodi viene contestata una estorsione, in concorso con persone ancora da identificare, ai danni del titolare di un esercizio commerciale di Soverato.
Tripodi avrebbe cercato di indurre il commerciante a cessare l’attività, in concorrenza con la sua, mediante numerosi atti intimidatori quali incendi di autovetture di suoi congiunti. L’attività commerciale ha poi effettivamente chiuso. A Fraietta viene invece contestata l’associazione a delinquere di tipo mafioso per la partecipazione al locale di Guardavalle poiché l’uomo sarebbe intervenuto, insieme ad altri elementi di spicco della famiglia Gallace, al fine di dirimere un contrasto con Vittorio Sia nato per alcuni furti subiti da soggetti a lui vicini. Vittorio Sia è stato ucciso in un agguato il 22 aprile a Soverato.
Le alleanze
Possibili dissidi all’interno delle cosche. E’ quanto emerge da una conversazione captata nella vettura di Domenico Origlia, elemento di spicco della cosca di Soverato sul litorale laziale, che con Maurizio Tripodi parlava di una discussione che poteva produrre dissidi tra i sodali. A raccontare alcuni particolari dello scenario criminale della fascia jonica calabrese era stato il maresciallo Giacomo Mazzoleni del nucleo investigativo dei carabinieri di Soverato nel corso di un’udienza del processo per l’omicidio dell’imprenditore di Siderno Gianluca Congiusta per il quale sono imputati Tommaso Costa e Giuseppe Curciarello. Il sottufficiale dell’Arma rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo illustrò le indagini sulla cosca Gallace-Novella di Guardavalle. “A ridosso del Natale 2002 ci siamo imbattuti in un’intercettazione ambientale captata nella macchina dove Domenico Origlia parlava con Maurizio Tripodi di Soverato, di una discussione che poteva produrre dissidi tra i sodali. Sempre nella macchina di Origlia – disse il teste – è stata registrata un’altra intercettazione dove a parlare c’era Vincenzo Gallace, ritenuto reggente dell’omonima cosca che opera nella zona di Guardavalle, che ha riferito di un gruppo, che si scoprirà dedito al traffico di droga e armi ed estorsioni, che si sta piazzando con l’apporto di Carmelo Novella e di un altro di Soverato, riferibile a Vittorio Sia, che poteva contare sull’alleanza con i Costa”.
Mazzoleni riferì che il filone che conduceva ai Costa venne ripreso nel 2003 con l’attivazione di un monitoraggio nei confronti di soggetti di Soverato, in particolare intercettando le utenze in uso a Vittorio Sia. “Nel corso dell’attività investigativa è emerso un collegamento di Sia con Kaled Bayan detto Carlo il Libanese, allora agli arresti domiciliari a Lucera, provincia di Foggia”. “Tra i due – raccontò Mazzoleni – si faceva riferimento ad una lettera giunta a Sia da tale zio Totò ed ad una conseguente visita del nipote allo stesso Sia per un approvvigionamento di droga”. Il teste spiegò che “successivamente siamo risaliti a zio Totò individuandolo in Tommaso Costa, allora detenuto a Palmi, e per il nipote per Francesco Costa, tra l’altro avente una relazione sentimentale con una donna del clan Di Cosola di Bari, che era andato a richiedere la droga per venderla e con il ricavato mantenere la detenzione dei congiunti”. A seguito di quelle e di altre intercettazioni che si collegavano con la corrispondenza tra Vittorio Sia e Carlo il libanese con Tommaso Costa, i carabinieri di Soverato ottenevano, a novembre 2003, la possibilità di procedere ad un’attività di intercettazione nella sala colloqui della casa circondariale di Palmi e la censura della posta. In aula Mazzoleni riferì di numerosi accertamenti che portarono poi all’arresto di Cosimo Panaia, cognato di Giuseppe Curciarello, nonchè persona di fiducia del boss di Gioiosa Jonica Totò Ursino.