Reggio, la difesa di don Nuccio Cannizzaro prova a smontare le tesi degli inquirenti

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Reggio, la difesa di don Nuccio Cannizzaro prova a smontare le tesi degli inquirenti

di Claudio Cordova – L’obiettivo è quello di dimostrare la probità di don Nuccio Cannizzaro (nella foto) e di sottoporre al Collegio i rapporti, le amicizie, i contatti, che il parroco del rione Condera, imputato di false dichiarazioni al difensore, ha intrattenuto, negli anni, con personaggi delle istituzioni civili e militari.

Per questo, nel corso del controesame del capitano dei Carabinieri Valerio Palmieri, l’avvocato Giacomo Iaria, legale di don Nuccio, snocciola un elenco (dal quale, peraltro, mancherebbero altri soggetti, tra cui anche magistrati) di personalità con cui il sacerdote avrebbe avuto contatti telefonici. Si va da Alfredo Priolo e Domenico Crupi, comandanti di Vigili Urbani e Polizia Provinciale di Reggio Calabria (di cui don Nuccio è cappellano), ad Angelo Ciancia, a quel tempo comandante del Corpo Forestale dello Stato, fino al direttore di Confcommercio Reggio Calabria, Attilio Funaro. Una serie di contatti leciti, anzi, di gran lustro, che negli intenti della difesa, bilancerebbero i presunti rapporti che il parroco di Condera avrebbe intrattenuto – così come affermato dal Capitano Palmieri – “con soggetti di interesse investigativo” nell’ambito del rione dove operava e opera tuttora, quello di Condera.

Il lungo controesame sostenuto dall’avvocato Iaria, dunque, prova a bilanciare le dichiarazioni sul conto del parroco rese dall’ufficiale dell’Arma. Un controesame lungo in cui il legale è spesso sceso in contrapposizione acre con il pubblico ministero Stefano Musolino, titolare del fascicolo. Nel corso della lunga udienza, al cospetto del Collegio presieduto da Andrea Esposito, sono state affrontate anche le posizioni dell’ex direttore della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì, che avrebbe permesso al presunto boss Santo Crucitti una serie di manovre finanziarie sospette, nonché proprio quella del presunto capomafia, indicato da diversi collaboratori di giustizia come il referente del rione Condera-Pietrastorta.

La figura di don Nuccio emerse già nelle indagini per far luce sulle minacce subite dall’imprenditore Tiberio Bentivoglio, cui furono posti diversi ostacoli per la costituzione di un’associazione culturale nella zona di Condera. Proprio per favorire il boss di Condera-Pietrastorta, Santo Crucitti e il suo braccio destro Mario Salvatore Chilà, a cui Bentivoglio era sgradito, il parroco avrebbe reso dichiarazioni false all’avvocato Emanuele Genovese, impegnato nel procedimento “Pietrastorta”, celebrato proprio contro alcuni soggetti del rione. E i diversi passaggi ricostruiti in aula, anche con intercettazioni alla mano, hanno tratteggiato anche le vicende che hanno interessato l’imprenditore Tiberio Bentivoglio, cui Crucitti avrebbe impedito di fare attività con la propria associazione culturale, la “Harmos”, in competizione con quella “Evelita”, dell’ex assessore comunale Pasquale Morisani (che con Crucitti avrebbe avuto un rapporto di vecchia data) e con quella “Laos”, proprio del parroco don Nuccio: i motivi, secondo quanto ricostruito dalle indagini sarebbero da ricondurre al periodo pre-elettorale in cui l’associazione sarebbe stato costituita, diventando, di fatto, un “pericolo” per la raccolta di voti, ma anche, appunto, le attività da portare avanti nel rione, dove già esistevano altre due realtà associative.

Nelle intercettazioni telefoniche, don Nuccio, nel frattempo rimasto cerimoniere dell’Arcivescovo Vittorio Mondello, nonostante il rinvio a giudizio, si sarebbe lamentato degli articoli usciti sul proprio conto e della “campagna” che, a suo dire, alcuni soggetti dell’associazione antimafia “Libera”, tra cui il coordinatore Mimmo Nasone, avrebbero fatto contro di lui. Nelle conversazioni captate, il parroco fornisce anche il proprio pensiero sulla lotta alla mafia, sostenendo che i problemi non li avrebbe avuti con la ‘ndrangheta, ma con la magistratura, che avrebbe voluto imporre il metodo con cui combattere la criminalità organizzata che invece, a detta del parroco, passerebbe anche dall’opera pastorale in stretto contatto con gli affiliati alle cosche, da riportare invece sulla “retta via”.

fonte: il dispaccio