Delitto Fortugno, confermato l’ergastolo per Alessandro Marcianò

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Delitto Fortugno, confermato l’ergastolo per Alessandro Marcianò

Il rinvio in Appello disposto dalla Cassazione non cambia il verdetto: l’ex caposala dell’ospedale di Locri sarebbe il mandante dell’omicidio

Alessandro Marcianò

REGGIO CALABRIA Per la seconda volta la Corte d’Appello di Reggio Calabria non ha avuto dubbi: Alessandro Marcianò è il mandante dell’omicidio Fortugno, da condannare all’ergastolo. Il rinvio in Appello disposto dalla Cassazione non ha salvato Marcianò, ex caposala dell’ospedale di Locri, dalla conferma della pena che aveva già rimediato in precedenza con l’accusa di aver pianificato e ordinato l’omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, Franco Fortugno, avvenuto il 16 ottobre 2005 a Locri al seggio delle primarie del centrosinistra.

I giudici hanno sposato la richiesta avanzata in sede di requisitoria dal pg  Fulvio Rizzo che un mese fa in aula aveva tuonato: «La causale dell’omicidio è chiara: l’onorevole Fortugno è stato ucciso perché con la sua morte bisognava consentire l’accesso al primo dei non eletti, Crea Domenico, e non saremmo qui a discutere se il giudice nelle motivazioni si fosse soffermato sui rapporti e sui contatti che il mandante Marcianò Alessandro ha avuto con gli esecutori nella fase organizzativa dell’omicidio e nella fase successiva».
Responsabilità che «i molteplici contatti fra il Marcianò e l’esecutore, così come le cautele adottate nelle telefonate successive all’omicidio che rimandavano a incontri personali per colloquiare liberamente» per il pg provano in modo schiacciante. Allo stesso modo – sottolinea Rizzo – è dalle conversazioni che è facile evincere «il grande coinvolgimento di Marcianò nella campagna elettorale di Crea». Tutte evidenze che pur emerse in dibattimento non erano state sufficientemente valorizzate nella sentenza di secondo grado.
Proprio su queste lacune la Cassazione aveva puntato il dito rinviando il processo alla Corte d’Assise d’appello. È invece definitiva la condanna all’ergastolo nei confronti del figlio Giuseppe Marcianò, ritenuto mandante del delitto, di Salvatore Ritorto, condannato come esecutore materiale e Domenico Audino, accusato di aver aiutato Ritorto a raggiungere in auto il luogo del delitto.
La sentenza della Corte d’appello, nel confermare la condanna all’ergastolo di Alessandro Marcianò, segna anche l’integrale accoglimento delle richieste che erano state formulate dalla parte civile, costituita nel processo per rappresentare la vedova, MariaGrazia Laganà e i figli, Anna e Giuseppe, dell’onorevole Franco Fortugno. Parte civile che, sin dalle prime indagini dopo il delitto, è stata assunta e rappresentata dal professor Antonio Mazzone. Il penalista, infatti, ha seguito le difficili fasi dell’inchiesta, l’istruttoria del processo e poi i vari gradi di giudizio. Una scelta non facile, e non solo per ragioni ambientali, onorata fino in fondo senza peraltro mai ricevere alcun riconoscimento istituzionale o privato neanche da quanti hanno sempre definito il delitto Fortugno come un “omicidio politico-mafioso”.
L’allora vicepresidente del consiglio regionale, Franco Fortugno –  esponente di primo piano della Margherita – è stato assassinato nell’atrio di palazzo Nieddu, seggio elettorale di Locri per le primarie dell’Unione il 16 ottobre del 2005. Fin dalle prime fasi delle indagini, gli investigatori hanno scartato la pista dell’omicidio d’impeto: l’eliminazione di Fortugno era un’azione pianificata da tempo. In seguito si scoprirà che la vittima era sotto osservazione da mesi e che gli autori avevano scelto con cura quel momento pur essendo perfettamente consapevoli del clamore che ne sarebbe derivato e delle conseguenze di carattere investigativo e repressivo. Sarà la collaborazione di Bruno Piccolo e Domenico Novella a consentire di individuare l’autore materiale dell’omicidio, i suoi complici, gli organizzatori e mandanti del delitto, che – stabilirà l’inchiesta – doveva colpire Fortugno perché eletto al posto di un altro candidato, Domenico Crea, sostenuto dallo stesso Alessandro Marcianò e mai coinvolto nell’inchiesta sul delitto. (0020)

a. c.

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