Processo Congiusta-I testimoni in aula: Gianluca ci aiutava, non era un usuraio

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Nell’appello bis le dichiarazioni dei commercianti che avevano versato assegni al giovane. In aula anche Furci,che denunciò gli strozzini dei clan

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Gianluca Congiusta

di Simona Musco

«Ha denunciato i suoi usurai?». La domanda del pm Antonio De Bernardo e il sì pronunciato dal teste Nicola Furci durante l’appello bis del processo per la morte dell’imprenditore sidernese Gianluca Congiusta è la chiave di lettura di un’intera udienza, durante la quale sono saliti sul banco dei testimoni parte di coloro i quali aveva versato assegni a Congiusta, proprietario di un negozio di telefonia.

Operazioni di ordinaria amministrazione che alla luce della richiesta della Cassazione di chiarire il movente che ha portato all’omicidio dell’imprenditore il 24 maggio del 2005 diventano importantissimi. La Suprema Corte ha infatti chiesto di chiarire il movente del delitto, che per due gradi di giudizio è stato sempre lo stesso: Tommaso Costa, unico imputato, avrebbe deciso di uccidere Congiusta perché era venuto a conoscenza di una lettera estorsiva che lo stesso boss avrebbe fatto recapitare ad Antonio Scarfò, all’epoca suocero dell’imprenditore. In questo modo il clan di Siderno, contrapposto a quello dei Commisso, avrebbe cancellato un testimone scomodo riaffermando al tempo stesso la propria presenza e la propria forza sul territorio. Gli altri moventi vagliati riguardavano anche un possibile giro d’usura, però mai provato. Ieri, dunque, l’accusa ha passato in rassegna sette testimoni, i cui nomi erano finiti tra i verbali redatti da Francesco Giordano, all’epoca vice dirigente del commissariato di Polizia di Siderno, che aveva raccolto le testimonianze di tutti coloro che avevano versato quegli assegni. La risposta di Nicola Furci è stata chiara: «ho denunciato più volte i miei usurai. L’ultimo caso è quello di Domenico Infusini (operazione “Bacinella”, ndr), proprietario di una pompa di benzina a Siderno. In passato, invece, ho denunciato Guastella, Gaudio e Sergi, gente di Locri, Natile di Careri e Siderno». Da qui la possibile chiave di lettura: se Furci ha avuto il coraggio di denunciare gli strozzini dei clan per quale motivo non avrebbe dovuto denunciare anche Congiusta? La natura del loro rapporto, ha chiarito l’imprenditore, era molto diversa: «Io e Gianluca avevamo rapporti commerciali, lavoravamo nello stesso campo. Gli versai un assegno da tre milioni di lire per una compravendita di telefonini, a garanzia della fornitura», ha detto ieri in aula, confermando che il suo rapporto con Congiusta «non aveva a che fare con l’usura». Tant’è che ha messo a disposizione della Corte tutte le fatture – dodici – che provavano i rapporti commerciali tra lui e il giovane sidernese. Rapporti limpidi, dunque, come quelli descritti dagli altri testi, che hanno risposto alle domande del sostituto procuratore generale Domenico Galletta, del legale di parte civile, Giuseppe Sgabellone e di uno dei legali di Costa, Riccardo Errigo. Tutti hanno confermato la stessa versione dei fatti: Gianluca Congiusta, nei momenti di difficoltà, si dimostrava flessibile e tratteneva quegli assegni a garanzia per la fornitura della merce, senza chiedere nulla in cambio. «Ho acquistato dei telefonini da Congiusta – ha dichiarato Camillo Bruzzì, imprenditore cittanovese – e non potendo pagare subito gli ho lasciato un assegno postdatato ma non ho dovuto pagare nessun interesse sulle somme. Era solo una cortesia». Versione confermata anche da un commerciante vibonese, Alessandro Ventra, anche lui attivo nel campo della telefonia, che in un momento di difficoltà si era appoggiato a Congiusta girando assegni emessi da amici o dipendenti allo stesso per pagare le ricariche effettuate dal giovane, in quanto, essendo protestato, non aveva la disponibilità di un libretto d’assegni. «Ho saldato tutti i debiti che avevo con Gianluca – ha dichiarato -, con lui avevo rapporti regolari, mi ha aiutato ma non ho dovuto pagare alcun interesse». E di aiuto si trattava anche nel caso di Ercole Macrì, ai tempi direttore editoriale del settimanale La Riviera. «Il giornale in quel periodo era in difficoltà e siccome Gianluca era molto legato all’editore ci ha anticipato dei soldi – ha dichiarato – e quell’assegno era a titolo di garanzia. Poi abbiamo scontato tutto con diverse pubblicità, è una pratica comune in questo campo». La prossima udienza è stata fissata il 9 febbraio.

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Il sostituto Procuratore Domenico Galletta

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IL PM Antonio De Bernardo

fonte: il garantista