
Non solo omertà, non solo ‘ndrangheta. Il problema è piuttosto connesso ad una visione distorta, troppo edonistica, della sessualità.
Questa, in estrema sintesi, l’opinione di monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, sulla vicenda di Melito di Porto Salvo, il comune dell’estremo sud ionico dove il 2 settembre scorso gli investigatori guidati dal procuratore Federico Cafiero De Raho hanno arrestato sette giovani per violenza sessuale di gruppo aggravata: l’accusa è quella di aver continuativamente abusato, tra la fine del 2013 e gli inizi del 2015, di una ragazzina di 13 anni.
“L’altro giorno sono andato a casa della giovane – ha detto monsignor Fiorini Morosini – per incoraggiarla ad andare avanti. Ho trovato una famiglia distrutta ma con la volontà di riprendere il cammino nonostante le difficoltà che dovranno affrontare”. Una famiglia che, però, sapeva e ha taciuto. Dalle indagini in corso emerge infatti come sia il padre, sia la madre dell’adolescente avessero contezza delle violenze subite dalla loro figlia, ma avessero evitato di sporgere denuncia: preferendo, in un caso, parlare direttamente col capobastone Iamonte anziché rivolgersi alle forze dell’ordine, e nell’altro ignorare del tutto i sospetti circa gli abusi subiti dalla giovane.
Una storia di omertà, dunque? Non per monsignor Fiorini Morosini, che ha commentato i fatti di Melito in un’intervista al Tg2000, il notiziario della Tv dei vescovi. “Parlare di omertà – ha detto il prelato – è solo una lettura parziale dell’episodio e forse è anche troppo comodo. Ridurre tutta la vicenda solo ad un fatto di ‘ndrangheta e di gente che non parla perché ha paura mi sembra troppo riduttivo. In questo paese è esplosa una realtà che vive nel sottobosco: cioè il modo con cui questi ragazzi vengono educati alla sessualità che viene vista come gioco e divertimento“. L’arcivescovo ha poi suggerito un metodo per aiutare la ragazza, puntando il dito contro il clamore mediatico suscitato dalla notizia: “Bisognerebbe chiudere luci e microfoni perché non sono le indagini giornalistiche ripetute che educheranno la realtà. Bisogna affrontare il problema dal punto di vista educativo, questo impegno deve coinvolgere tutti: Chiesa, istituzioni e la società civile”.
Parole, quelle di monsignor Fiorini Morosini, che in parte riprendono le esternazioni dei sacerdoti della parrocchia di Melito, che nei giorni scorsi avevano invitato a riflettere sulla tragedia altre “vittime”, e cioè ai membri del presunto branco. Anche l’arcivescovo ha rivolto a questi ultimi un pensiero: “Ho mandato a dire attraverso il cappellano delle carceri – ha spiegato – che devono ripensare non solo a ciò che hanno fatto, ma globalmente alle loro vite perché non so fino a che punto hanno percepito il male fatto. Anche loro appartengono a questa società che ha una visione ‘consuma e divertiti’ della sessualità. Avranno il tempo e il modo di ripensare se questo è il modello che domani vorranno proporre ai propri figli”.